A Todi la mostra di Matteo Ciampica
L’ARTISTA CHE NON CREDE NEL CASO

TODI – Il 14 luglio 2018, nella Sala delle Pietre, è stata inaugurata la mostra ”Cielo terrestre. Infinite traiettorie del caso”. L’esposizione, visitabile fino al 5 agosto e curata dalla professoressa Cinzia Cardinali, era composta da quaranta opere dell’artista umbro Matteo Ciampica. Il giovane pittore, che nel 2018 ha visto inserite nella Collezione Sgarbi di arte contemporanea due sue opere del ciclo “Aphonia”, ha presentato alla città di Todi un progetto interessante, frutto della ricerca e delle sperimentazioni incessanti dell’ultimo decennio, volte ad approfondire l’indagine sulle proprietà sensoriali del colore e le potenzialità plastiche della materia cromatica. 

Ci è sembrato doveroso cercare di capire quali sono state le motivazioni che hanno spinto la curatrice a proporre alla città di Todi questa mostra, così le abbiamo rivolto alcune domande.

Quale era il tema della mostra?

La mostra “CIELO TERRESTRE. Infinite traiettorie del caso” è da considerarsi la naturale transizione del percorso tematico ed estetico tracciato da Matteo Ciampica nella precedente personale “Axis Mundi”, in occasione della quale l’autore aveva già avuto modo di esplicitare i nuclei fondanti della sua poetica. Nell’esposizione di Todi ha proposto un’antologia di 40 opere tratte dalla serie di dipinti Aphonia. Nell’immagine del mondo rappresentata in questi lavori, possono dirsi condensati tutti i nodi tematici evocati nel titolo della mostra, che costituiscono i capisaldi delle riflessioni esistenziali dell’autore, dal dualismo cosmico Cielo-Terra, alla poetica del “caso” e delle sue infinite traiettorie. Fulcri concettuali espressi sulle tele attraverso un’impostazione spaziale fortemente dinamica, generata da un’energia gestuale dirompente, una pittura all over fatta di materia cromatica accesa, densa e vibrante, in cui il colore, svincolato dalla costrizione della forma, pulsa di vita autonoma e crea uno spazio visivo magnetico, ipnotico, capace di coinvolgere l’osservatore in un rapporto immersivo e totalizzante con l’opera.

Ha scelto prima l’artista, e quindi poi un tema che fosse rappresentativo dell’artista stesso, oppure il contrario?

Ritengo personalmente che la “condicio sine qua non” per la realizzazione di ogni evento espositivo sia la conoscenza approfondita dell’artista e della sua opera.

Il mio incontro con Matteo Ciampica risale all’estate 2017, grazie alla segnalazione di un mio conoscente, collezionista di arte contemporanea. Dopo aver visionato con grande interesse un repertorio di opere nella sua pagina Instagram, contattai l’artista per visitare il suo studio. Capita raramente che un critico d’arte, nello svolgere la sua funzione di  attento, sensibile, anche se severo analista si “innamori” al primo sguardo dell’oggetto del suo studio, lasciando che la presa emozionale abbia il sopravvento nell’immediato sulla formulazione di un giudizio estetico argomentato. Può accadere, ad esempio, quando l’occhio clinico dell’esperto si imbatte in opere capaci di suscitare un impatto visivo folgorante – come nel caso dei lavori di Matteo Ciampica – e in esse riconosce intuitivamente, ancor prima che razionalmente, l’impronta di un talento d’eccezione. È da quel momento che si è attivata dapprima una forte intesa intellettuale, corroborata da un confronto dialettico costante sul mondo dell’Arte – del quale Matteo è profondo e fine conoscitore – cui ha fatto seguito l’avvio della nostra stretta collaborazione artistico-professionale.

Quali sono i problemi che si incontrano più frequentemente nell’allestimento di una mostra?

Più che definirli “problemi”, si potrebbe in generale parlare di fasi operative, più o meno complesse e problematiche, che ogni curatore deve affrontare.

Una mostra o un evento espositivo in genere, si compone di un insieme di opere selezionate per presentare un particolare tema o il percorso creativo di un artista. L’evento si caratterizza anche come allestimento in un luogo scelto per l’esposizione delle opere, realizzato sia nel rispetto del posto, sia nel rispetto del messaggio artistico sotteso alle opere stesse. L’individuazione dello spazio idoneo è pertanto fondamentale per la riuscita di una mostra, che si può dire perfetta se si riesce a stabilire un equilibrio tra contenitore e contenuto. Gli altri passaggi chiave più problematici (escludendo la complessità della fase ideativa e progettuale) riguardano le modalità pratiche, come la scelta e la collocazione dei materiali per l’allestimento (pannelli, illuminazione) e per la comunicazione immediata (didascalie di commento alle opere, banner, poster illustrativi). Poi ci sono le procedure per la stesura del catalogo, la progettazione grafica, i contenuti scientifici, la redazione dei testi critici e delle schede tecniche. Occorre anche formulare il comunicato da diramare alla stampa con tutte le informazioni necessarie alla comprensione sintetica dell’evento. Naturalmente mi sono limitata a fornire solo una sintesi delle procedure, la realtà di un allestimento è ben più complicata!

La mostra era gratuita oppure si pagava un biglietto? Per quale motivo?

Essendo l’unico scopo della mostra quello di far conoscere le opere dell’artista al maggior numero di visitatori possibile, si è ritenuto opportuno favorire il libero e gratuito accesso del pubblico allo spazio espositivo.

Si sente soddisfatta dell’esito della mostra?

La mia risposta è affermativa sotto ogni punto di vista, a partire dalla positiva accoglienza del progetto di allestimento e dalla disponibilità nella concessione del magnifico spazio espositivo della Sala delle Pietre da parte dell’Assessore alla Cultura di Todi Claudio Ranchicchio. L’afflusso dei visitatori è stato costante, l’apprezzamento unanime e l’interesse di alcuni estimatori si è tradotto nell’acquisto di opere che denota – secondo la mia ottica di curatrice e Art advisor – oltre che uno spiccato senso critico-estetico, anche un particolare intuito nella scelta di investire in un artista emergente dal valore in costante crescita.

Altrettanto interessante è stato conoscere il pensiero e le idee di Matteo Ciampica. Particolarmente incuriositi dalle motivazioni che hanno spinto l’artista a realizzare dipinti così singolari, ci siamo confrontati anche con lui.

Qual è per lei il senso della mostra “Cielo Terrestre. Infinite traiettorie del caso”?

Il senso della mostra è quello di rendere partecipe il fruitore del mio pensiero artistico, che ruota attorno al concetto che per me il caso non esiste. Le forme affusolate, nere, percepite dal nostro occhio come “cipressi” non sono altro che persone in balia degli eventi che ci vengono mandati (che vanno solo accettati), e che non sono mai casuali. Sono questi eventi che io dipingo con pennellate gestuali e istintive, che vanno a riempire lo sfondo del quadro.

 

Di solito da cosa prende spunto per le sue opere?

Mi ispiro a tutto, voglio dire che posso essere ispirato da un cielo con colori particolari, oppure dall’incontro con un amico, da una caduta dalla bici o da un buon piatto. L’assonanza di colori ed emozioni mi ispira a dipingere… sempre.

Aveva mai avuto occasione in precedenza di allestire una mostra a Todi? Che risposta ha avuto in termini di presenze e di consenso dalla cittadinanza e in generale dai visitatori?

No, è stata per me la prima volta. Certo conosco Todi e, proprio per la sua risonanza artistica e culturale a livello internazionale, considero un grande onore avere esposto in questa stupenda cittadina. In generale, direi che c’è stata una buona affluenza di pubblico e il riscontro è stato molto positivo.

È soddisfatto dell’esito della mostra?

Mi considero pienamente soddisfatto, è stata un’esperienza unica che mi ha arricchito e fatto crescere sia come uomo che come artista.

 

 

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