TODI – L’Unione Europea (UE), al fine di superare la crisi economica e finanziaria, si è posta cinque importanti obiettivi da raggiungere entro il 2020, mirati soprattutto ad aumentare le opportunità di occupabilità dei giovani, favorendo il loro inserimento nel mercato del lavoro, e a migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione in Europa. Alessandra Ravagli, attualmente funzionaria del Segretariato generale del Consiglio europeo a Bruxelles e funzionaria europea dal 1989, ha risposto ad alcune domande poste sull’argomento.
Dottoressa Ravagli, prima di tutto quali sono gli obiettivi che l’Unione Europea si è posta nell’ambito della strategia “Europa 2020”?
«Gli obiettivi, proposti dalla Commissione Europea, che l’UE dovrebbe raggiungere entro il 2020, sono i seguenti:
- il 75% delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni deve avere un lavoro;
- il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in ricerca e sviluppo;
- devono essere raggiunti i traguardi 20-20-20 in materia clima, energia e quindi:
- – riduzione del 20% del livello di emissione di gas ad “effetto serra”;
- – incremento fino al 20% della quota delle fonti di energia rinnovabile;
- – miglioramento dell’efficienza energetica del 20% in più rispetto ai valori attuali;
4. il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato;
5. almeno 20 milioni di persone devono essere sottratte al rischio di povertà.
La strategia “Europa 2020” viene utilizzata come quadro di riferimento, ma sono i governi dell’Unione Europea che ne declinano i suoi obiettivi generali, detti in precedenza, in obiettivi nazionali per contribuire al conseguimento degli obiettivi generali dell’UE».
In concreto cosa vuole dire?
«In concreto vuole dire che l’Unione Europea monitora e stimola, attraverso strumenti statistici, d’analisi e azioni mirate, il raggiungimento delle percentuali/indicatori dei cinque obiettivi da raggiungere entro il 2020, ma sono gli Stati membri, come ad esempio l’Italia, a promuovere e a legiferare gli strumenti per raggiungerli. Questo significa che l’UE propone alcuni strumenti più mirati per raggiungere gli obiettivi, e ciascuno Stato membro, dopo aver fatto una valutazione basata anche sul proprio livello di partenza, decide come e dove intervenire in quanto il bilancio europeo contribuisce in modo solidale investendo di più dove c’è più bisogno».
Potrebbe dire qualcosa di più riguardo agli obiettivi 1 e 4, che sono direttamente collegabili alle politiche giovanili?
«Per quanto riguarda il primo obiettivo, l’UE ha ritenuto opportuno sostenere la possibilità di avvicinare i giovani al mercato del lavoro attraverso la Garanzia Giovani, una raccomandazione del Consiglio secondo cui gli Stati devono garantire ad ogni giovane NEET (che non lavora o/e non studia) una buona offerta di lavoro, formazione o continuazione degli studi, dedicando loro un ammontare riservato dei fondi strutturali del periodo di programmazione 2014-20. L’iniziativa Occupazione Giovani (IOG) mette a disposizione oltre 5 miliardi da usarsi nelle regioni con alti tassi di disoccupazione giovanile (oltre 25%) per varie iniziative. In Italia il fondo è in uso in tutte le regioni tranne la provincia di Bolzano e serve a sostenere percorsi individualizzati che includono un colloquio preliminare (la presa in carico), sostegno ai tirocini, avvio alla formazione per il conseguimento di un diploma, servizio civile, impiego e sostegno all’autoimpiego. Nelle regioni del centro-nord che hanno ricevuto meno fondi IOG vengono finanziati interventi simili anche con le risorse “ordinarie” del fondo sociale. Per quanto concerne il quarto obiettivo, l’Unione Europea ha stabilito, attraverso diversi strumenti, un quadro giuridico entro il quale sviluppare il programma UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa. Si pensi, per esempio, ad ERASMUS+ che contribuisce agli obiettivi della strategia “Europa 2020”. Tutti conosciamo il programma Erasmus dedicato all’interscambio di studenti universitari tra le università dell’Unione. Questo programma importantissimo per la formazione non solo accademica dei giovani ma anche di appartenenza all’Europa è stato, diciamo, integrato nel programma Erasmus+, che è finanziato per 14,7 miliardi di euro e che si stima darà a oltre 4 milioni di europei l’opportunità di studiare, formarsi, acquisire esperienza e fare volontariato all’estero».
Dove sono definite le competenze dell’UE e in quali categorie si suddividono?
«Le competenze dell’Unione sono definite nei trattati dell’UE (articoli da 2 a 6 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea-TFUE) ed esse si suddividono in tre categorie:
- competenza esclusiva dell’UE (soltanto l’UE può agire)
- competenza concorrente dell’UE e degli Stati membri (gli Stati membri possono agire soltanto se l’UE ha scelto di non farlo)
- competenza di sostenere, coordinare e completare l’azione degli Stati membri».
L’istruzione è di competenza esclusiva dell’UE?
«No, l’istruzione non è di competenza esclusiva dell’UE ed essa interviene solo se gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti dagli Stati membri in misura sufficiente».
Quando l’UE ha riconosciuto la necessità di intervenire a sostegno dei giovani?
«Sin dalla crisi del 2008, ma anche precedentemente, l’Unione Europea si è mobilitata per dotarsi degli strumenti necessari per creare un futuro economico migliore per tutti, e quindi anche per i giovani. Nel 2016 i leader dell’UE hanno deciso di rendere le loro azioni a sostegno dei giovani più incisive, infatti, nella tabella di marcia di Bratislava, si sono impegnati per creare migliori opportunità per loro e, da allora, si è dato seguito a questi intenti ambiziosi, ad esempio con l’attività di creazione di uno spazio europeo dell’istruzione».
Dopo il 2020?
«L’Unione Europea guarda anche al di là del 2020. Il documento che definisce gli orientamenti per una nuova strategia dell’UE per la gioventù per il periodo 2019-2027 è stato trasmesso ai Paesi membri nel giugno del 2018 e si attendono osservazioni. Attualmente solo Finlandia, Germania, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Svezia e Regno Unito hanno completato o sono in corso di completamento dell’esame della proposta».
Perché una proposta così importante per il futuro delle generazioni europee deve avere un iter propositivo e legislativo così complesso? Non si rischia di arrivare sempre troppo tardi? Non si pensa che i giovani abbiano bisogno di strumenti ora e subito per poter meglio organizzare il loro futuro?
«Certamente questa è una delle massime preoccupazioni di tutti, investire risorse e culture nei giovani e per i giovani non è solo un dovere, ma anche una necessità per creare un futuro per noi tutti cittadini europei. Non bisogna pensare che “si stia perdendo tempo”. Il documento di cui parlavo è un ulteriore passo, una strategia che specifica in quali settori convergere e di quali risorse finanziarie ci si deve dotare per attuarlo. I settori sono stati indicati dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell’UE, e le risorse finanziarie proverranno dagli stessi bilanci dei Paesi membri. È sicuramente indispensabile che essi diano il loro consenso sia sulla proposta di orientamento che sulla parte di bilancio da dedicare a queste iniziative».