Il tennis e le medaglie oltre il trapianto. Parla Marta Nizzo
LA PIÙ GRANDE VITTORIA

TODI –  Cresciuta sui campi del Tennis Club Todi 1971, la tuderte Marta Nizzo continua ad ottenere grandi risultati in ambito sportivo. Dopo essere diventata ben due volte campionessa del mondo, nel 2011 a Göteborg e nel 2017 a Málaga, ha conquistato la vittoria a Cagliari ai campionati europei per trapiantati e dializzati. In uno sport in cui è faticoso affermarsi, Marta ha sempre dimostrato talento e fermezza, oltre alla tecnica che contraddistingue il suo gioco. Durante l’intervista che ci ha rilasciato, ha raccontato un po’ della sua vita e della sua grande passione. 

Quando e come è nata la sua passione per questo sport?

«Ho iniziato a giocare poco dopo i 12 anni. Precedentemente avevo praticato altri sport, come ogni bambino. In quegli anni ero seguita all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, per via della mia insufficienza renale, e insieme a tante regole (anche alimentari) per poter star meglio i medici mi consigliarono di avere degli svaghi, come ogni ragazzina di quell’età, e di fare un po’ di movimento. Insomma mi consigliarono di non passare le giornate in poltrona. Ero sempre stata affascinata dal tennis quando lo guardavo in tv, avevo sempre delle racchette in casa con le quali giocavo col muro e ogni tanto un amico di famiglia mi dava qualche lezione, fino a che non ho iniziato a frequentare dei corsi di tennis e a innamorarmi di questo sport senza abbandonarlo più».

Riesce a conciliare la sua vita con il tennis?

 «Dopo il trapianto non solo lo sport è migliorato, ma anche tutta la mia vita, dai rapporti interpersonali al lavoro. Le mie giornate sono molto piene: lavoro, famiglia, hobby, amici e lo sport, tra palestra e tennis, prende molto spazio, ma non è mai un sacrificio, anzi è una forte passione che mi dà carica».

Quale è il rapporto tra lo sport e la sua malattia? Questo è stato mai soggetto a trasformazioni?

«La mia passione è cresciuta di pari passo con l’evolversi e il peggioramento della mia malattia, ma è stato fondamentale non smettere. L’amore per questo sport mi ha insegnato a non mollare mai, nonostante molte difficoltà e alcuni pareri discordanti dei medici. Sono riuscita ad allenarmi sempre, sia in pre-dialisi, sia durante la dialisi, che dopo il trapianto. Per me questa è la vittoria più importante e sono fiera della continuità e della perseveranza con cui l’ho fatto. Come dico sempre, la mia vita è divisa in due parti, una pre e una post trapianto. Proprio facendo sport ho sentito una vera rinascita, un’energia alla quale non ero abituata, ed anche i risultati sportivi sono cambiati. Anche un semplice allenamento è migliorato. Sono arrivate le vittorie in campo dopo il trapianto, e questo deve essere un esempio di come il trapianto sia un ritorno alla vita».

La città di Todi è riuscita a fornirle le giuste possibilità per raggiungere i suoi successi? Ha mai pensato di trasferirsi, magari in una città più grande che poteva offrirle maggiori opportunità?

«Sono molto orgogliosa della mia Todi, città che mi ha sempre offerto sostegno e tifo. Le sono così affezionata perché è quella dove sono cresciuta. Mi alleno da sempre sui campi del Tennis Club Todi 1971 ai quali sono molto legata, nonostante abbia frequentato anche altri club. Frequento anche la palestra dell’associazione Anam (acronimo che sta per Associazione Nazionale Attività Motorie) con sede all’ospedale della Media Valle del Tevere, dove mi alleno da qualche anno a questa parte. Per il mio percorso è stata una bella scoperta, dato che è una palestra  che con l’attività motoria cerca di prevenire e curare le malattie cardiovascolari e metaboliche, quindi attenta a chi ha delle patologie».

Quali sono i suoi prossimi obiettivi per quanto riguarda il mondo del tennis?

«Ora è difficile e presto per dirlo… magari mi aspettano i prossimi Mondiali per trapiantati a Newcastle ad agosto 2019?!».

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