L’esperienza di Artela e Pietro, i ragazzi ambasciatori
ARIA DI IMUN: PARTE SECONDA

TODI – Questo è il secondo anno consecutivo che gli studenti dello Jacopone hanno avuto l’opportunità di partecipare all’Italian Model United Nation, più comunemente conosciuto come IMUN, che si svolge a Roma in cinque giornate e rigorosamente in lingua inglese.

Si tratta di un gioco di ruolo dove ogni studente si immedesima nei panni dei funzionari dell’Onu, i delegates. Si assegna un Paese diverso ad ogni commissione e in seguito si redige un Position paper, ovvero un documento generale che riassume i problemi affrontati. Circa 3000 ragazzi e ragazze fanno ciò che è nelle loro possibilità per ottenere voti a favore della propria soluzione al problema, argomentando efficacemente le loro tesi. I partecipanti, inoltre, possono interagire, discutere e stringere alleanze tra di loro proprio come se fossero gli ambasciatori dei Paesi che rappresentano.

Artela Kolaj e Pietro Benedetti sono tra gli allievi del nostro Liceo che hanno partecipato, vincendo il premio  “Honorable Mention”, un attestato di merito che viene riconosciuto a coloro che hanno dimostrato un impegno consistente e sono spiccati tra gli altri delegati della propria commissione. 

«La nostra missione– afferma Pietro- è quella di ricevere quanti più vantaggi possibili per il nostro Stato su una problematica ben definita. Quest’anno il problema riguardava le tribù indigene e come il cambiamento climatico influisca sulla loro vita. Io rappresentavo il Vietnam”.

«L’iter delle procedure– spiega Pietro, che aveva partecipato anche l’anno scorso ricevendo il medesimo premio- è questo. Si svolgono numerosi dibattiti in cui si spiega la posizione del proprio Paese rispetto al tema trattato. Si formano alleanze con i Paesi che sono delle tue stesse idee (quest’anno nella mia commissione si sono formati due grandi blocchi). Ogni alleanza scrive una risoluzione, un documento ufficiale che serve, a detta di chi lo scrive, a risolvere il problema. La risoluzione viene quindi votata e fatta passare o meno».

«Sono riuscita in questa esperienza– sostiene l’altra vincitrice, Artela-  grazie ad uno studio attento non soltanto del mio Paese e del rispettivo problema, ma anche studiando quelli degli altri Paesi, così da smontare, se necessario, le loro tesi, facendo leva sui punti deboli delle loro esposizioni. Io rappresentavo Myanmar, la Birmania».

Questo dimostra che non basta solo la conoscenza della lingua inglese ma anche avere astuzia e il saper agire prontamente. Di seguito, se volete saperne di più, la breve video intervista ai nostri due vincitori.

 

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