Francesco Ortenzi racconta il nuovo progetto artistico che abbraccerà la città di Todi
IL PARCO DELLE SCULTURE DI BEVERLY PEPPER

TODI – A distanza di quaranta anni dal progetto delle Todi Columns, che nel 1979 prevedeva l’installazione di quattro colonne in ferro al centro di Piazza del Popolo, l’artista Beverly Pepper torna in scena con una proposta innovativa che riguarderà la città nel suo complesso. Si tratta dell’installazione di venti opere che l’artista ha donato alla nostra città, in vari siti del centro storico, dal Tempio di Santa Maria della Consolazione fino in Piazza del Popolo, passando anche per il Parco della Rocca. Le opere sono create con materiali differenti, possiamo citare l’acciaio inox, il ferro e la pietra, con la presenza della famosa ruggine che caratterizza le sculture dell’artista. L’inaugurazione de “Il parco di Beverly Pepper” è previsto per il 14 settembre 2019, mentre fino al 5 maggio 2019 sarà possibile visitare la mostra “Beverly Pepper tra Todi e il mondo” presso la Sala delle Pietre del Palazzo del Popolo. Grazie alla sua disponibilità, abbiamo potuto intervistare un ex studente del nostro Liceo, l’art advisor Francesco Ortenzi, che ci ha risposto evidenziando come questo progetto, oltre ad arricchire la cultura, favorisca il turismo della città. 

In che termini il parco delle sculture, che verrà allestito nella città di Todi a metà settembre di questo anno, può essere considerato un valore aggiunto sul piano artistico e culturale della città? 

«Il parco è certamente un valore aggiunto perché aprirà la città verso l’arte contemporanea in maniera tangibile, percorribile e vivibile. Offrirà una nuova dimensione artistica a Todi e pure su un piano prettamente turistico rappresenterà un’attrattiva nuova, destinata anche a fruitori con appetiti diversi rispetto ai frequentatori abituali di borghi e cittadine come la nostra. Spero al riguardo che iniziativa e parco vengano promosse attraverso gli infiniti canali del mondo dell’arte e del turismo, rendendo questo un evento di taglio globale e superando qualsivoglia aria localistica, magari cercando il coinvolgimento dell’ambiente più internazionale dell’arte e della critica d’arte contemporanea, sfruttando così l’opportunità in tutta la sua portata, senza limitarsi a promuovere un’iniziativa di siffatta importanza solo da e per il ristretto ambito regionale o nazionale».

Qual è la sua opinione circa la coesistenza tra la contemporaneità delle sculture dell’artista Beverly Pepper e l’antichità del contesto storico tuderte?

Secondo lei, i luoghi prescelti, garantiscono il rapporto di reciprocità nella valorizzazione sia delle singole opere che dei luoghi in cui verranno istallate?

«Personalmente non condivido la retorica del “matrimonio” tra antico e moderno, al limite potrebbe trattarsi di una “convivenza” pacifica e legittima. Non sono infatti d’accordo con chi parla di integrazione, lo trovo un discorso superficiale, estremamente superficiale. Non so se sia questa la sede appropriata per tale disputa, tuttavia il mio punto di vista è assai favorevole all’interazione e vede impossibile l’integrazione. Al riguardo trovo doveroso riconoscere l’evoluzione delle arti figurative, incentivarla e farla convivere col mondo contemporaneo – quello che tutti noi viviamo ogni giorno, di Instagram e Whatsapp – ciò ovunque tale fenomeno possa svolgersi. Sono certo che le sculture di Beverly Pepper risulteranno nella loro bellezza di grande impatto e perfettamente godibili sia difronte al tempio di San Fortunato o sulla piazza di Todi, che su una spiaggia di Malibù (specifico Malibù, poiché  l’artista stessa ha definito Todi “la sua Beverly Hills umbra”), sia benedetta la loro potenza estetica, ma non condivido chi cavalca il tema del dialogo a tutti i costi. Le opere saranno esclusivamente dei monumenti della contemporaneità, collocati nei luoghi che, testimoniando la “nostra” storia, ci hanno accompagnato fino a questa società. Pertanto mi piacerebbe che tali sculture venissero anche recepite come quanto di più agevolmente riconoscibile del passaggio di logica evoluzione sociale e sociologica, oltre che artistica, di ognuno dei giorni che passiamo su questa terra. Al riguardo sono stato in prima persona coinvolto nei “rumorosi” interventi di Jeff Koons (2015) e Urs Fischer (2017) in Piazza della Signoria a Firenze, due episodi riguardo ai quali media e critica hanno talvolta parlato di “violenza morale” ai danni del tessuto storico-artistico fiorentino. Ebbene anche in quelle occasioni non c’era da aspettarsi il dialogo tra la scultura e l’ambiente circostante, ma andava, a mio modesto avviso, apprezzata l’opera d’arte contemporanea in se stessa, esposta in un contesto come quello, senza neanche ipotizzare la possibilità di confronti reali (banali!) tra i giganti della scultura rinascimentale della Loggia dei Lanzi o dell’Arengario e quelli del nostro universo contemporaneo. Un mondo in cui non fosse stata consentita e apprezzata la totale libertà di rinnovamento in campo artistico sarebbe ancora oggi all’arte rupestre. Riuscite ad immaginarvelo? Come avrebbero dovuto prendere al tempo, rimanendo in ambito locale, il Giudizio Universale di Ferrau Fenzoni nel nostro Duomo medievale o l’arrivo nel Duomo di Orvieto della vitale Annunciazione di Francesco Mochi? Il mondo va avanti, il linguaggio artistico pure. Ovviamente la tematica-problematica è assai più più ampia e mi sono permesso di affrontarla sfrondandola di alcuni concetti che annoierebbero i non addetti».

Come verrà recepito questo inedito progetto artistico dai cittadini di Todi?

«Non ho idea di come sarà recepito, certamente chi dovesse essere troppo critico rischierà di apparire avulso del mondo che stiamo vivendo. Ciò che auspico, invece, è la cura ed il rispetto verso le sculture ed il parco da parte dei cittadini e delle amministrazioni che si succederanno. Andrà garantito un fondo che faccia ben mantenere e vivere il parco, perché anche sulla base di esperienze passate sappiamo quanto sia più semplice aprire nuovi musei dalle fatue fortune piuttosto che mantenere bene quanto esistente».

L’Umbria è famosa per la sacralità dei luoghi e per l salvaguardia dell’ambiente. Questi due aspetti si possono ritrovare nell’opera dell’artista, che da molto tempo vive in questa città e in questa regione?

«Francamente nella singola opera non avverto immediatamente un legame diretto con questi aspetti, posso invece supporre che tali peculiarità della nostra regione abbiano partecipato e partecipino quotidianamente alle scelte etiche dell’artista e alla formazione della sua poetica che, logica conseguenza, si riverbera nelle scelte estetiche».

Iscriviti per ricevere contenuti nella tua casella di posta, ogni settimana.

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.