EMANUELA BRUNELLI NELLE PAROLE DELLA COLLEGA CARLA GENTILI

Cara Emanuela,

scriverti oggi queste parole (non so ancora quali) mi risulta abbastanza strano, “innaturale” (è la parola esatta), forse perché scrivere/parlare a te è un po’ come scrivere/parlare a me stessa…

brunelli-1Com’è possibile?! Proprio io, la “ragazza del secolo scorso” (il secolo breve), irriducibile ad ogni “maturazione” (ad ogni “Bildung”), ad ogni normalizzazione, ad ogni rassegnazione, ad ogni accomodamento, ad ogni… (invecchiamento…rottamazione…)… Proprio io (che «non sono una signora, una con tante stelle nella vita, ma una per cui la guerra non è mai finita»…), proprio io dovrei astenermi dall’andare al fronte, proprio io dovrei abbandonare lo scudo, o il campo di battaglia… là dove si continua a combattere una guerra decisiva per la civiltà contro la barbarie, per la bellezza, l’intelligenza, la ragione, la scienza, la passione, l’ideale, la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza, l’umanità (humanitas) , l’“umana”–“amante compagnia”, la luce contro le tenebre… (come faranno i nostri eroi, non dico a vincere, ma a resistere senza di me?)… Proprio io dovrei rinunciare a salire, ogni mattina, «con gravissimo fascio in su le spalle», verso l’unico luogo di questo mondo sublunare dove regna eterna primavera, dove l’energia della vita che si rinnova cancella o rende sopportabile l’ombra della sera, dove la forza attrattiva del futuro rende giovane anche il passato, lo rende splendido, luminoso, perché riflesso negli occhi “ignari” dei nostri ragazzi (ragazzi di oggi, ragazzi di ieri, giovani dèi di un mondo sempre nuovo e antico a un tempo)… L’unico luogo del mondo dove la memoria diventa attesa, dove la nostalgia si trasforma in speranza, dove il tempo non distrugge ma costruisce e, mentre vola via in un attimo, si dilata e si intensifica al punto che questi anni (quelli della Scuola, intendo) conservano per/in chiunque l’incanto del mito.

brunelli-2Ebbene, cara Emanuela, noi in questo luogo incantato, in questo palazzo d’Atlante (palazzo del desiderio, dell’utopia, della “quête”, dell’erranza…), noi abbiamo il privilegio di aggirarci – «di qua, di là, di giù, di sù»… – ogni giorno (o quasi) da anni, ogni anno ricominciando da capo, con l’illusione (ma è poi tale?) di riprendere ogni volta a vivere e, in alcuni momenti più grandi (o più folli) di altri, di riavvolgere (azzerare) il filo del tempo… («… et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tucto mi transferisco in loro…»). E allora (come narrano i tuoi alunni/aedi…) il tempo si fermava, cioè volava via impercettibile, leggero.

Cos’altro chiedere mai ?

Con l’affetto, l’abbraccio di tutta la Scuola.

I colleghi (di oggi e di ieri…), gli amici e i “compagni” di una vita di lavoro e di passione (in tutti i sensi…).


L’autrice, prof.ssa Carla Gentili, dedica il suo “ghiribizzo” ad Emanuela, a se stessa, a chi non c’è più (non è più fra noi ma è dentro di noi), a chi c’è ancora, a chi c’è ora, a chi ci sarà dopo di noi.. a lavorare (a “combattere”, ad amare, a soffrire, ad in… (dignarsi), ma anche a sognare, a sorridere, a ridere, a sentirsi per un attimo, per tanti attimi, felice…): per la nostra Scuola, per la “bella Scuola”…

E soprattutto dedica queste parole ai ragazzi, di oggi e di ieri, a tutti i ragazzi (indipendentemente dal “credito scolastico” o dal “merito” ufficialmente certificato), nelle cui anime (o in nient’altro ) riposa il senso ultimo di quell’“avventura dell’animo” che a volte (spesso) riesce ad essere la Scuola (nonostante noi stessi, nonostante tutto).

… ma la bontà infinita ha sì gran braccia , / che prende ciò che si rivolge a lei…»)

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