TODI – Forse sono in pochi a saperlo ma da più di un anno, ormai, è nato a Todi un importante centro dell’ortodossia cattolica. Si tratta dell’Abbazia Ortodossa di San Martino, che accanto a sedi prestigiose come S. Nilo a Grottaferrata, ospita monaci di religione ortodossa nell’antico castello di Petroro, di proprietà pubblica, ma dato ai monaci per fini culturali e spirituali.
Si ringrazia Federica Tatulli per la gentile concessione delle foto visualizzate.
Si tratta di un luogo che ha una lunga, affascinante, storia da raccontare: il complesso architettonico del castello, infatti, si colloca in quella fitta rete difensiva che caratterizzò la storia del Comune di Todi dagli inizi del XIII secolo, ma la sua origine romana sembra documentata dalla presenza di una gens Petreja qui individuata da storici del ‘600 e ‘700. Nel corso dei secoli è andato incontro ad alcune trasformazioni, rimanendo comunque dimora di molte famiglie che contribuirono a dare quel particolare assetto urbanistico giunto fino a noi, dal cassero centrale e dall’impianto cinquecentesco alla grande macina sulla piazza che rimanda alla presenza di un molino da olio accanto al quale sorgeva il forno pubblico.
L’immobile è divenuto di proprietà dell’Opera Pia della Consolazione di Todi, oggi Etab “La Consolazione”, che, dopo il completamento dei lavori che hanno permesso di ottenere l’agibilità e di mettere a valore un edificio ora completamente ristrutturato, ha pubblicato nel 2015 un bando per la sua locazione al miglior offerente. Bando che è stato vinto dall’Abbazia Ortodossa di San Martino e dall’annessa Accademia Nazionale delle Arti che svolge dal 2000 un’attività di formazione teatrale per i giovani e che vi risiede in pianta stabile. «La residenza teatrale – afferma il Direttore artistico, Federica Tatulli – è stata inaugurata in occasione del Todi Festival 2016, al quale abbiamo partecipato rappresentando nelle diverse stanze del complesso Le metamorfosi di Ovidio. Quest’anno, invece, abbiamo messo in scena uno spettacolo di grande successo di Dostoevskij, A cena con l’Inquisitore, e uno dei nostri obiettivi è quello di realizzare un programma ricco di eventi nella piazza del Castello, di musica e teatro, e concretizzare un progetto di ospitalità per giovani compagnie teatrali».
Al tempo stesso, tra le mura della fortezza, è possibile praticare la meditazione esicasta, dal nome di quella dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell’Oriente cristiano che ricerca la pace interiore, in unione con Dio e in armonia con il creato. Si tratta di ritiri spirituali durante i quali ci si immerge, per qualche giorno nella solitudine del castello e si vive un’esperienza di “benessere mentale e spirituale”; corsi introduttivi alla meditazione che avvengono attraverso la ripetizione di alcune parole, esperienza narrata anche in alcuni testi ascetici tra i quali Racconti di un pellegrino russo e Filocalia, le due opere più diffuse prodotte dalla spiritualità ortodossa. Un coinvolgimento di giovani e meno giovani che l’Abbazia cerca di perseguire non solo attraverso l’Esicasmo ma anche attraverso il teatro e altre forme d’arte e/o conferenze contro una società troppo spesso dedita a valori materiali. «Facciamo concerti, spettacoli teatrali e corsi di meditazione – afferma padre Max, monaco ortodosso e abate – siamo un ordine vegetariano all’interno dell’ortodossia e tutte le nostre attività servono ad aiutare la nostra comunità di ragazzi poveri in Toscana»
Ma c’è di più. Il Castello, sede dell’Abbazia e dell’Accademia Nazionale delle Arti custodisce anche grandi tesori, pezzi rari ed unici in Italia e non solo. Possiede uno dei cinque claviorgani al mondo, vale a dire un clavicembalo del ‘600 e un organo a canne in un unico strumento, e un fortepiano o pianoforte storico, replica esatta di quello di Mozart. Le sue stanze sono tutte arredate con mobili antichi donati da un donatore russo e la cappella è di notevole bellezza.
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