Quando il dolore diventa quotidiano
BULLISMO, QUESTO “CONOSCIUTO”

TODI – La scuola occupa gran parte del tempo di un ragazzo. Idealmente, al di là delle difficoltà che essa presenta, dovrebbe essere un luogo in cui sentirsi sicuri, apprezzati e liberi di esprimersi. Oggigiorno, al contrario, molti studenti si vedono privati di questo diritto a causa di comportamenti verbalmente o fisicamente violenti tenuti da alcuni loro coetanei, che consapevolmente feriscono nel profondo l’orgoglio e la dignità della vittima solo per togliersi uno sfizio, per divertirsi. Tali atteggiamenti scorretti rientrano sotto il nome di bullismo, che David Farrington, noto criminologo britannico, definisce come “il reiterarsi di comportamenti diretti o indiretti volti a prevaricare un altro con l’intenzione di nuocere, con l’uso della forza fisica o della prevaricazione psicologica”.

Un bullo compie violenza su un suo coetaneo, mentre gli altri compagni stanno a guardare

La dilagante diffusione di questo grave fenomeno ha condotto il Ministero dell’Istruzione alla promulgazione di una Normativa Ministeriale, obbligando tutti gli Istituti a prendere misure preventive per tutelare le vittime di bullismo. Proprio per rendersi conto della grandezza e della gravità del fenomeno all’interno del nostro Liceo, è stato recentemente sottoposto un sondaggio a tutti gli studenti, curato dal prof. Daniele Arteritano.

L’analisi dei risultati ottenuti ha fornito informazioni sulle quali riflettere e dalle quali prendere spunto per migliorare. In primis, il sondaggio ha messo in luce la diversificazione, in base alla loro natura, degli atti di violenza: le prepotenze verbali hanno la fanno da padrona (57,6%), ma vanno evidenziate anche le violenze fisiche (11,9%) e le molestie sessuali (11,9%). Come già evidenziato da Farrington, caratteristica del bullismo è proprio la ripetizione sistematica delle prepotenze. Dal sondaggio emerge infatti che il 32,2% delle vittime subisce violenze più di una volta alla settimana: questa è la percentuale di ragazzi che tutte le mattine, entrando in aula, ha il timore di ciò che succederà di lì a poco. Quel timore che logora dentro, quello che colpisce dritto al cuore, quello che inibisce la razionalità, quello che spinge a fare gesti sconsiderati. Il 30,5% delle vittime afferma di aver subito solo 1 o 2 episodi negli ultimi 3 mesi. Potremmo pensare che sia un dato trascurabile, perché per una volta, si pensa, ci si può passare sopra. Non è così: per averne un così vivido ricordo, la vittima evidentemente deve aver sofferto molto per quell’episodio, così tanto da considerarlo ancora molto rilevante nonostante siano passati alcuni mesi dall’accaduto. Questo dato sottolinea che spesso anche un singolo episodio può fare molto male.

Anche l’esclusione sociale è un atto di bullismo

Un altro elemento molto importante da analizzare è il numero di bulli coinvolti in un episodio. Dal sondaggio si evince che la maggior parte delle vittime sono state attaccate da un vero e proprio branco composto da più di tre persone. Un branco solido e coeso fondato sull’arroganza e sulla sfacciataggine, desideroso di sopraffare e annichilire il debole di turno. Il gruppo conferisce sicurezza al singolo bullo, che vede il suo potere accresciuto dalla presenza dei suoi simili e, seguendo il proverbio “mal comune mezzo gaudio”, si sente in un certo modo anche giustificato per le sue azioni. Ma il dato sicuramente più preoccupante degli altri, che rende ancora più difficile la lotta al bullismo è l’omertà delle vittime: i ragazzi in pochissimi casi parlano delle violenze a genitori o insegnanti, tenendosi tutto dentro o parlandone al massimo con un amico, che naturalmente non ha le armi per arginare il fenomeno. Questa riluttanza è forse una conseguenza del fatto che anche dopo aver parlato a qualcuno del problema, nella maggior parte dei casi le prepotenze sono continuate indisturbate.

Alla domanda “Negli ultimi 3 mesi, hai inflitto qualcuna di queste prepotenze nei confronti di tuoi coetanei?” solo il 3,5% dei ragazzi intervistati risponde affermativamente. Molti tra gli appartenenti a
questa piccola percentuale dichiarano di aver compiuto queste violenze sia su compagni di classe sia su altri ragazzi al di fuori della scuola e confessano con un ghigno stampato in faccia che trasuda soddisfazione di essersi addirittura divertiti a far soffrire la vittima.

Parlarne con un adulto è sempre la soluzione giusta

Come riporta la Normativa Ministeriale di cui sopra, “Scuola e Famiglia possono essere determinanti nella diffusione di un atteggiamento mentale e culturale che consideri la diversità come una ricchezza e che educhi all’accettazione, alla consapevolezza dell’altro, al senso della comunità e della responsabilità collettiva”. Proprio per questo i docenti dello Jacopone stanno già lavorando per ridurre il più possibile il problema all’interno del nostro Istituto: il prof. Arteritano venerdì 16 marzo terrà un’assemblea pubblica, aperta quindi anche alla cittadinanza, nell’Aula Magna del Liceo, per approfondire e riflettere sul tema del bullismo. Sono disponibili inoltre nell’home page del sito del nostro Istituto attività già strutturate che servano da spunto per trattare il problema all’interno della classe, comprensive anche di una guida per l’insegnante che ha il compito di moderare i dibattiti che si verranno a creare. Le classi quinte invece parteciperanno nel mese di marzo a un ciclo di incontri sulle dinamiche della violenza di genere e sulla gestione dell’aggressività, tenuti da alcuni esponenti dell’associazione “Margot Project”.

Disegno ispirato al tema del bullismo a cura della redattrice di Sottob@nco Alice Pasquetti.

In ogni caso va ricordato che il fenomeno potrebbe essere radicalmente ridotto grazie alla collaborazione di tutti gli studenti, che hanno il compito di denunciare i comportamenti scorretti di cui quasi ogni giorno sono testimoni.

La serenità è un diritto che non deve essere negato.

“Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.”
(Eleanor Roosevelt)

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