Primo appuntamento telematico del XIII ciclo de “I Venerdì del Liceo”: il Professor Francesco Peri ci parla degli sviluppi della ricerca medica e farmacologica per sconfiggere il “mostro” che sta cambiando il nostro modo di vivere.
TODI- Sin da prima della chiusura totale delle scuole e dell’odiato e temuto ritorno alla DAD a seguito del DPCM del 6 ottobre, il nostro liceo ha tentato di regalare ai suoi studenti uno spiraglio di normalità attraverso le iniziative che è sempre stato solito proporre. Proprio per questo in un periodo di instabilità, insicurezze e lontananza come questo sono state estremamente preziose per alunni e docenti le parole di Francesco Peri, ricercatore e professore di chimica organica presso l’Università degli studi di Milano Bicocca. Con la sua, ormai tradizionale, presenza ai nostri incontri formativi, nel pomeriggio del 23 ottobre il Professore ci ha offerto la sua grande conoscenza e competenza nel campo delle scienze e della farmacologia, lo stesso campo su cui ora sta combattendo in prima persona. L’obiettivo, nonché la speranza da tutti condivisa, è quello di sviluppare in breve tempo un vaccino contro il covid che sia il più efficace e sicuro possibile. Tuttavia è molto più semplice nelle parole che nei fatti e, se da un lato l’elaborazione di un vaccino è un processo molto lungo e accurato, dall’altro il perpetuarsi dello stato di emergenza richiede di procedere in modo diverso dal solito per ottenere risultati tempestivi. Questo il principale pensiero e impegno del Professor Peri che, con il suo intervento, ha voluto fare chiarezza sulle informazioni legate al Coronavirus, a volte confuse, di cui i media ci inondano costantemente.
Al telegiornale vediamo continuamente immagini di ospedali sovraffollati, medici e infermieri stremati da orari di lavoro estenuanti, le strade e le piazze delle città più belle della nostra amata Italia vuote. Sebbene tutto ciò susciti in noi profondo dolore, sappiamo benissimo che è sufficiente guardare alla nostra piccola realtà per capire quanto questa pandemia e i suoi effetti siano devastanti, sul fronte sanitario e non solo. “Prima di tutto la conoscenza basilare, ma non scontata, che tutti dovremmo aver acquisito alla luce dei fatti attuali è cosa intendiamo quando si parla di infezione da Sars-COV2” ci introduce il Professor Peri. Il covid-19 è la patologia che dai primi mesi del 2020 a questa parte ha contagiato quasi 60 milioni di persone in tutto il mondo, e cioè l’equivalente numerico della popolazione italiana, mentre il Sars-COV2 è il virus che la diffonde. Si tratta di un virus di forma sferica contenente un singolo filamento di RNA e che è della stessa famiglia del virus della Sars, cioè della sindrome respiratoria acuta. Sulla membrana cellulare del virus sono disposte le nostre vere nemiche, cioè delle proteine denominate “spike”, le quali incastrandosi con un recettore proteico presente sulle nostre cellule, l’ACE2, permettono al virus di penetrare nelle cellule stesse. Una volta avvenuto ciò, l’infezione si diffonde, poiché il virus è in grado di comandare alle cellule del nostro corpo di procedere con la sintesi di proteine che andranno a formare nuovi virus, cioè nuovi antigeni.
La conoscenza del meccanismo attraverso il quale il covid è in grado di viaggiare costituisce il fondamento su cui scienziati e ricercatori possono elaborare strategie atte a combatterlo. Infatti interi laboratori di case farmaceutiche stanno lavorando senza sosta al perfezionamento di farmaci antivirali e antibatterici, terapie di diverso genere, come quella a base di anticorpi monoclonali, ma la vera e proprio corsa contro il tempo è quella per la scoperta di un vaccino. Sebbene questo medicinale sia guardato ancora da molti con sospetto, la scienza sta accumulando sempre più prove a conferma del potenziale di questo tipo di cura, che è stata in grado di liberarci da alcune delle più gravi patologie mai esistite, come la poliomielite, il vaiolo, la meningite e altre ancora. Precisamente il vaccino è un preparato biologico costituito da microrganismi uccisi o attenuati, oppure da loro parti, che per noi sono antigeni, o da sostanze prodotte dai microrganismi e rese sicure, oppure, ancora, da proteine ottenute con tecniche di ingegneria genetica, o infine da RNA virale che insinuandosi nelle cellule del nostro corpo dà il via alla produzione di proteine, nel caso di COVID, alla spike. Indipendentemente dal tipo di vaccino in questione, si tratta di un farmaco che dopo essere stato introdotto nel nostro corpo simula un’infezione virale o batterica. La naturale reazione del nostro organismo si esplica attraverso una risposta immunitaria che prevede l’attivazione di cellule macrofagiche, linfociti B e T ed altre cellule specializzate. Il vaccino va dunque a potenziare questo innato sistema di difesa che agisce tramite anticorpi, al punto che il nostro corpo disporrà di tutti i mezzi per combattere l’infezione ancora prima di averla contratta.
Ad oggi si stanno sviluppando oltre 150 vaccini, tuttavia sarebbe un azzardo prendersi la responsabilità di dire entro quando saranno disponibili, ci informa il Professore, ma l’obiettivo che si vuole perseguire è di procedere alla distribuzione di due miliardi di dosi entro la fine del 2021. Per rendere tutto ciò realtà, si sta dimostrando necessario accorciare in maniera significativa le tempistiche richieste per la produzione di un vaccino, le quali solitamente oscillano tra i 10 e i 15 anni. In ragione di ciò gli enti e le strutture responsabili hanno deciso di eliminare integralmente la fase burocratica richiesta per la brevettazione di un vaccino, e altri fasi di sviluppo e sperimentazione si stanno svolgendo in parallelo. Una delle reti internazionale della ricerca biotecnologica ha come referente italiano il Professor Peri. Nonostante i sacrifici necessari che si stanno compiendo ci potrebbe essere il pericolo che, non avendo i tempi regolari per studiare i rischi del vaccino, il prodotto produca in alcuni casi degli effetti collaterali indesiderati. Tuttavia l’emergenza e la richiesta di strumenti con cui combattere questo avversario così spaventoso rimangono alte e, in ragione di ciò, si attende con ansia l’arrivo di vaccini sempre più sicuri, come quello sviluppato nei laboratori di Oxford o dalla casa farmaceutica Pfizer, con un’efficacia di circa il 90%, con due somministrazioni.
Ma ciò che forse è più importante fare, prima di poter parlare dei vaccini prodotti dalle varie aziende farmacologiche, è proprio saperne riconoscere le differenze. In effetti quello utilizzato in Cina è del tutto diverso da quello che si sta sviluppando ad Oxford. È fondamentale sapere quindi che sono più i vaccini che si stanno sperimentando:
- Virus attenuato o totalmente inattivo: il virus in esame (coronavirus) attraverso diversi trattamenti termici risulta poco/non attivo e una volta iniettato nel corpo umano riesce comunque a scatenare la produzione di Linfociti T e B per combattere l’agente patogeno. Questo tipo di vaccino è considerato però abbastanza pericoloso perché può determinare più effetti collaterali rispetto, invece, ad altri tipi di vaccini. Tuttavia è quello prodotto attualmente dall’industria farmaceutica cinese.
- Vaccini moderni: si prende in esame il DNA o l’ RNA che codifica la proteina dell’agente patogeno (in alcuni casi sono proprio le proteine che vengono assemblate su nanoparticelle) e questo viene inserito in un vettore. Nel caso particolare del vaccino per il COVID vengono utilizzate le particelle virali non tossiche del virus dell’influenza, che infetta alcune cellule del nostro corpo, le quali iniziano a produrre la proteina del virus (con il Sars cov 2 , la spike), che genera a sua volta la produzione di anticorpi e cellule B contro di essa. Questo tipo di vaccino, necessitante di adiuvanti in quanto molto diverso dal virus, è considerato più sicuro rispetto al precedente e in particolare contro il coronavirus si sta sviluppando ad Oxford, a seguito di studi condotti in Italia (finanziato dalla Astrazeneca), e in USA (costruito però con delle nanoparticelle, sovvenzionato dalla Johnson & Johnson).
- Vaccini che utilizzano l’RNA dell’agente patogeno che, introdotto nel nostro corpo, induce solamente alla produzione della proteina del virus (che non ha alcun potere infettivo), stimolando così la risposta immunitaria. Per contrastare il il Coronavirus questo vaccino si sta sviluppando negli USA grazie agli stanziamenti dell’azienda farmaceutica Moderna Therapeutics. Questo risulterebbe essere il primo vaccino ad mRna per l’essere umano.
Si sottolinea comunque l’importanza della seconda tipologia di vaccino, in particolare quello relativo alla proteina SPIKE, tecnica che potrebbe funzionare anche per altri tipi di infezioni di tipo Sars e Mers.
Nell’attesa di un vaccino ci sono comunque altre possibilità di difesa che si stanno studiando per poter fronteggiare al meglio il Coronavirus. Un esempio è l’utilizzo di antivirali come il farmaco Remdesivir, il quale ha passato il test clinico (1062 pazienti hanno ricevuto il trattamento e il tempo di ricovero è passato da 15 giorni a 10 giorni) e ad oggi è un’arma molto potente nelle nostre mani che ha la funzione di bloccare la catena impedendo la duplicazione di Rna, portando così alla morte del virus. Questo effetto è garantito anche da altri medicinali come il Lopinavir, derivante da un farmaco primario sviluppato contro l’HIV, che agisce come inibitore delle proteasi (le cosiddette forbici molecolari), ma che tuttavia sono ancora in fase di sperimentazione. Inoltre gli antinfiammatori risultano essere un’altra opzione ragionevole per contrastare il virus e il suo effetto letale: un’infiammazione a livello polmonare che non si riesce a controllare, se non bloccando l’effetto delle citochine infiammatorie. In tale ambito si inserisce la ricerca del Professor Peri basata su molecole che favoriscono la caduta dell’infiammazione al nascere di essa grazie alla repressione dell’attivazione del recettore TLR4, colpevole della risposta infiammatoria acuta. Un’altra potenziale terapia utilizzabile contro il coronavirus riguarda l’utilizzo delle immunoglobuline plasmatiche o iperimmuni. Infatti il plasma dei pazienti guariti, ricco di anticorpi, permette di aiutare a contrastare il virus all’interno del corpo. Questa terapia è stata già utilizzata dalla fine dell’ Ottocento. Questa terapia è stata impiegata per curare il presidente americano Donald Trump insieme ad una somministrazione di immunoglobuline in fase di sperimentazione sia in USA che in Italia.
L’appuntamento telematico del Venerdì del Liceo è stato molto interessante, ci sono state infatti diverse domande da parte di professori e studenti che esprimevano anche la grandissima curiosità rispetto all’argomento di cui, grazie al professor Peri, si sono potute analizzare le diverse attualità cliniche. In sostanza, come abbiamo potuto vedere, l’impegno clinico e medico è massimale e nell’attesa di poter visionare i frutti di questi molteplici studi la responsabilità ricade su di noi. La consapevolezza che ciò che facciamo, che ogni singola azione al di fuori del nostro ambiente ristretto, può avere conseguenze gravi su di un estraneo o al contempo su di un nostro amico, ci dovrebbe aiutare a capire che il virus non è un’invenzione e che può essere prevenuto se si utilizzano i semplici e pochi accorgimenti che ci vengono richiesti. Si parla dell’utilizzo della mascherina, il rispetto della distanza di sicurezza, l’igienizzazione delle mani, la misurazione della febbre, insomma tante piccole cose che possono contrastare qualcosa di grande. Soprattutto in questo periodo natalizio dovremmo fermarci un secondo e capire che un piccolo sacrificio può salvare molte vite umane. Sembrano cose continuamente ripetute e lasciate sospese in aria in attesa che qualcuno le comprenda, ma l’unica e fondamentale richiesta, quella che potrebbe fare la differenza, è una maggiore attenzione perché nessuno si merita di vivere tutte le difficoltà che sono sopraggiunte, che sia un medico, un nostro parente o un perfetto sconosciuto, perché alla fine siamo tutti esseri umani uniti contro lo stesso nemico invisibile.
Lucia Contenti e Martina Mannaioli
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