Esploriamo insieme i punti chiave di questo 2020 sotto COVID e ciò che si prospetta per il nostro futuro. Ansie, paure e speranze potrebbero unirci più di quanto immaginiamo.
Nonostante questo anno sembri non giungere mai al termine, eccoci ancora una volta a percorrere gli “ultimi passi” di quelli che sono stati mesi colmi di paura, dolore, gioia, preoccupazione, speranza e voglia di ricominciare. Insomma un mix di eventi e di emozioni che ci hanno coinvolti tutti e che sarebbe impossibile e ingiusto riassumere in poche righe. Tuttavia ci sono delle parole che hanno segnato profondamente i nostri giorni e che hanno cambiato in modo significativo il modo di vivere di ognuno. Si tratta di termini come coronavirus, DAD, quarantena, smart working, mascherina, distanziamento sociale, isolamento. Parole semplici all’apparenza, ma che quando riascolteremo in futuro ci riporteranno alla mente tutto l’universo di emozioni che esse celano e che noi abbiamo vissuto. Sebbene ognuno di noi abbia affrontato questo momento a modo suo e non a tutti siano toccate le stesse difficili prove da superare, gli scorsi mesi sono stati intrisi di un grande senso di comunità, di unità e, paradossalmente, di vicinanza, come forse non si vedeva da molto tempo. In ogni caso, con i suoi alti e bassi scanditi dai picchi dei grafici sui contagi che ogni giorno abbiamo visto alla tv, la tanto attesa fine di questo anno sta per arrivare. Ma questa volta non sarà una conclusione piena di gioia, soddisfazione ed entusiasmo da condividere con i propri cari. Anche per via di quelle che sono le ulteriori e necessarie restrizioni imposte per le festività, è un finale che porta con sé un sapore dolceamaro, sapore che tutti speriamo di scacciare con l’ardore delle speranze che nutriamo per un nuovo 2021. Però prima di passare a delineare cosa l’immediato futuro pare proiettarci davanti, cerchiamo di tracciare un bilancio su ciò che è stato fino ad ora , concentrandoci su quella che è la sfera di nostro di interesse: la scuola e i giovani.
Come tutti ben sappiamo quest’anno la scuola ha tentato in ogni modo di permettere ai suoi studenti e collaboratori, primi tra questi gli insegnanti, di tornare sui banchi di scuola. Certo si è parlato di una scuola diversa rispetto al solito, fatta di molte più regole e di meno ragazzi, poiché una presenza al 100% degli studenti non sarebbe stato possibile garantirla. Un’impresa ardua insomma, che ha richiesto grande impegno e responsabilità da parte di tutti. Ogni difficoltà è stata però affrontata con forza e costanza perché più grande di tutto era il desiderio di non abbandonare ancora una volta questa dimensione sociale di cui noi giovani, grazie allo scorso lockdown, abbiamo compreso il valore. Tuttavia l’affollamento sui mezzi pubblici e alle fermate, nonché il numero dei contagi perennemente in salita hanno dimostrato che tutti gli sforzi compiuti per convivere con questo “mostro” che sentiamo nominare ogni giorno non sono stati sufficienti. Una sconfitta sì, ma da cui la scuola si è mostrata determinata a rialzarsi. Quindi dal 4 novembre, armati di pc e tablet, siamo tornati alla DAD. Le regioni sono state divise in tre categorie: gialle, arancioni e rosse, in un crescendo di intensità tonale in base alla criticità della situazione legata alla pandemia e, nessuno di questi colori ci è mai apparso più triste. Dopo pochi giorni passati in zona gialla, l’Umbria è diventata zona arancione e ciò ha limitato ancora di più le nostre libertà. A risentirne di più siamo stati ancora una volta noi ragazzi, che al di là delle lezioni giornaliere da seguire, non avevamo nient’altro con cui occupare il nostro tempo. Nessuna attività di svago, nessuna chiacchiera con un amico. E così le giornate sono proseguite una dopo l’altra attendendo la data del 3 dicembre in cui il Dpcm sarebbe stato rinnovato, dandoci informazioni non solo sull’avvenire scolastico ma anche su come gestire le tanto attese e amate festività.
Dopo giorni passati tra le ipotesi più varie circa il destino della scuola, il premier Giuseppe Conte si è pronunciato affermando ufficialmente che le scuole superiori riprenderanno la didattica in presenza al 75% a partire dalla fine delle vacanze di Natale, ovvero il 7 gennaio 2020. Questa notizia ci ha sicuramente tranquillizzato, poiché la possibilità di un ritorno a scuola i primi di dicembre appariva a tutti molto prematura, e ci ha anche armato di grande entusiasmo e determinazione. Si tratta della seconda possibilità che l’istituzione scolastica si dà, e nessuno ha intenzione di sprecarla.
Nell’attesa della data che ci vedrà calcare di nuovo le scale della Chiesa di San Fortunato e la stretta strada di via Roma, la nostra esperienza con la didattica a distanza continua. E di fatti questa è l’unica attività che impegna quotidianamente le giornate di noi ragazzi. Insomma per uno studente è impossibile pensare la “quarantena”, almeno per come la viviamo noi, senza la DAD. Nonostante tutti i suoi difetti, quali la mancanza di una comunicazione diretta con i compagni, di un riscontro immediato con i professori, per non parlare dei problemi legati a pc difettosi e a connessioni ad internet deboli, senza le videolezioni la nostra reclusione in casa sarebbe molto più noiosa e pesante di quanto non sia già. Per tutti noi ragazzi inoltre mantenere in qualche modo un legame attraverso questa piattaforma, e grazie a tutti gli altri social di cui disponiamo, è davvero fondamentale. Basti pensare ai ragazzi del quinto che hanno visto sfumare la possibilità di vivere appieno quello che probabilmente è l’anno più bello delle superiori. Un anno di cambiamenti, di maggiore autonomia, di compleanni per festeggiare la maggiore età, di momenti di condivisione che segnano la fine di un percorso. Parallelamente i ragazzi del primo anno dopo poche settimane passate con i nuovi compagni sono stati costretti a separarsene. Ciò li ha resi spaesati e tristi per non poter continuare a vivere normalmente le nuove amicizie. A far da portavoce rispetto a tutto ciò, tra l’opinione di molti alunni, c’è quella di Martina Scimmi, studentessa del 1AL: “Sento molto la mancanza dei miei compagni, dello stare insieme, del socializzare. Vorrei tornare a uscire, a stare all’aria aperta e a fare tutti quei semplici gesti, come abbracciare qualcuno, che ora sono vietati ma che prima davamo per scontati”. A conferma di ciò si aggiunge il commento di Giorgia Palli, alunna della 5AS: ” In questo periodo mi sento molto triste e sola. Mi manca ridere, scherzare, chiacchierare con i compagni di classe. Mi manca ritagliarci quel momento di leggerezza solo nostro durante una mattinata difficile”. Proprio questa oggi è quindi una delle principali ragioni di sofferenza per noi ragazzi, e coinvolge tutti senza esclusione, dal più piccolo al più grande: la mancanza di una dimensione sociale solo nostra. Passando le nostre intere giornate chiusi in casa davanti ad uno schermo, senza la possibilità di vedere qualcuno che non sia un nostro convivente, senza avere il nostro amato sport o hobby in cui rifugiarci è profondamente frustrante ed alienante. Lo dimostra il fatto che nonostante gli infiniti mezzi di comunicazione di cui godiamo, che come detto sopra sono l’unico tramite che ci lega, siamo arrivati ad un punto in cui quasi li rifiutiamo. Tutto quello che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo ci ha portato a capire che ciò di cui abbiamo davvero bisogno è un contatto vero, una comunicazione sincera, fatta di sguardi, di abbracci e di sorrisi non coperti da una mascherina. Insomma a noi giovani manca la vita vera, quella che in questa strana fase della nostra vita chiamata adolescenza dovremmo scoprire passo dopo passo, ma che spesso diamo per scontata. Ci manca fare le nostre esperienze, quelle che senza i nostri amici non avrebbero significato, conoscere nuove persone e persino compiere quegli sbagli che ci possono aiutare a crescere. La monotonia non è fatta per noi e il pensiero che la vita di tutti possa essere travolta da un nuovo lockdown ci spaventa profondamente. L’idea di sprecare chiusi in casa altro tempo di quegli anni che dovremmo vivere al 100% ci destabilizza ed è un’inevitabilmente fonte di ansia e di stress, tutti fattori che coniugati alla DAD a volte hanno prodotto come risultato il calo del rendimento dello studente.
In fondo non tutto il male vien per nuocere, perché in questo periodo passato in casa il tempo libero di ciascuno è senza dubbio aumentato. Nelle pause dallo studio abbiamo quindi avuto modo di sperimentare altre attività, alcune delle quali magari non avremmo mai pensato ci potessero piacere. Ad esempio Costanza Coarelli, studentessa del 1AC, ha scoperto talenti inaspettati, come quello della cucina, oppure piaceri che non sperimentava da molto quale la lettura di un buon libro. Moltissimi ragazzi si sono divertiti facendo dei quotidiani e semplici allenamenti nel salotto della propria casa che hanno saputo smuoverci un po’ dalla sedentarietà del nostro stile di vita attuale. Tutte queste attività, le più varie si potrebbe dire, oltre ad impiegare il tempo delle nostre giornate sono state soprattutto delle valvole di sfogo che ci hanno aiutato a distoglierci dai pensieri, a sollevarci nei momenti di “crisi” che tutti abbiamo inevitabilmente vissuto.
Insomma la quarantena e questo nuovo modo di fare scuola hanno condizionato tutti, chi più chi meno. Ci hanno cambiato, alcune volte facendoci scoprire delle debolezze che non pensavamo di avere, altre rivelandoci quanto grande sia la nostra tenacia e forza d’animo. In questi momenti di isolamento abbiamo imparato a dialogare con noi stessi, a capire cosa per noi è davvero importante, ad apprezzare le piccole cose. Ci siamo resi conto che a volte è fondamentale fermare la frenesia della vita quotidiana, perché si potrebbe rischiare di perdere la strada, e quanto sia importante passare del tempo con la nostra famiglia, che spesso noi ragazzi mettiamo in secondo piano. Nonostante tutto questo è stato un anno da cui abbiamo imparato molto e che, con le sue luci e le sue ombre, porteremo per sempre dentro di noi. Le prospettive per il futuro? Purtroppo non possiamo assicurare nulla, ma quello di cui siamo certi è che siamo determinati a riprenderci la nostra scuola, e affamati di vita attenderemo con ansia il ritorno alla vera normalità.
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