Sabato 29 maggio, nella palestra della scuola, si è tenuta la Cerimonia di premiazione del Concorso per la nuova copertina del nostro giornale, cui hanno preso parte la classe 2AS e i redattori di Sottob@anco.
Al terzo posto si è classificato Stefano Gigli, ex studente del nostro liceo. Nella sua opera sono ripresi sia elementi arcaici e mitologici, come l’aquila di Todi, sia elementi moderni (la carta stampata) a significare una contrapposizione tra presente e passato.
Al secondo invece Matteo Bicchi, nella cui composizione è evidente la contaminazione di diverse tecniche espressive e si apprezza l’effetto del chiaro scuro e, al primo, Gianni Ernesto Forcolin, che con la sua opera ha avuto grande capacità di cogliere con una sintesi efficace gli elementi simbolici più significativi.
Non sono mancate poi le menzioni d’onore a Raffaele Romolini, che nella sua copertina integra diversi periodi temporali e a Bianca D’Angelo che oltre al disegno ha voluto inserire il messaggio positivo : “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” .
Inoltre alcuni dei redattori hanno avuto in questa giornata l’opportunità di parlare del giornale in un’intervista, andata poi in onda in un servizio del TGR nella giornata di Domenica 30 Maggio. Hanno potuto testimoniare come, nonostante le difficoltà della pandemia, Sottob@nco sia andato avanti, tramite riunioni e interviste a distanza e con la pubblicazione, oltre a due numeri online, di un numero cartaceo, il primo del giornale.
Terminata la premiazione è avvenuta la presentazione del libro di Massimo Rocchi Bilancini, “Brucia il Vignola – Trent’anni dopo, tra rimozione e memoria”.
Il professor Bilancini ci ha parlato del perché nove anni fa ha sentito l’esigenza di scrivere il libro approfondendo questa tragedia, dal momento che non tutti oggi ne sono a piena conoscenza. Da cittadino, ha avuto un forte bisogno civico di approfondire la vicenda, a lungo rimasta un tabù.
Prima di tutto però occorre precisare cos’è il palazzo del Vignola e a tal proposito Giorgio Tenneroni, durante la conferenza, ha inserito un intervento riguardante la sua storia.
Inizialmente era un piccolo palazzo nobiliare, che una volta passato alla diocesi di Todi, diventò nel XVIII secolo la nuova sede del seminario.
Il seminario, per far fronte al gran numero di iscritti, venne poi più volte ingrandito, fino a costituire un unico grande complesso insieme a quello delle Lucrezie.
Calando però con il tempo le vocazioni, l’edificio iniziò a costituire una spesa per la città. Finché, chiuso il seminario, si preferì sfruttarlo dalla fine degli anni ’60 del Novecento, come sede di una mostre nazionali d’antiquariato , evento che porterà Todi ad essere famosa in tutta Italia.
Ed è proprio in una delle mostre, precisamente nell’ultimo giorno di apertura della XIV edizione, che avvenne la tragedia del 25 aprile 1982, che provocò 35 vittime, non solo tuderti, e molti feriti, alcuni dei quali hanno riportato danni permanenti. Fu uno choc per tutta Italia tanto che ai funerali di Stato partecipò anche il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Nel suo libro, uscito 30 anni dopo l’accaduto e presentato il 28 aprile 2012 nella Sala del Consiglio, Massimo Rocchi Bilancini fa presente la difficoltà di elaborazione del lutto da parte della cittadinanza, nonché il silenzio, durato diversi anni, fatto calare sulla vicenda, anche perché le stesse persone coinvolte nei processi erano proprio di Todi.
Non è stato un lavoro da poco perciò riprendere questa storia, dopo anni che era finita completamente sottotraccia.
Ad assecondare questa dimenticanza che ha dilagato per anni nella nostra città, insieme all’imbarazzo, è paradossalmente proprio la lapide commemorativa delle vittime, che fu collocata nel ’93 nel cortile retrostante del palazzo, in un luogo non accessibile e dove nessuno poteva vederla, poiché il cortile era chiuso da una cancellata.
Tra l’altro fu realizzata da una società privata, quella che prese in mano la gestione del palazzo nel 1993, e non dalla città di Todi.
Fortunatamente fu poi murata nella facciata principale su Via del Seminario, in una parte più visibile.
La lapide riporta 36 vittime, nonostante i dati ufficiali ne attestino 35, proprio perché al tempo il numero delle vittime era poco chiaro.
Il libro riporta i fatti con l’ausilio di preziosi documenti. Il professor Bilancini ha infatti richiesto al tribunale della città di Perugia di poter accedere agli atti processuali, mai pubblicati nemmeno sulla stampa locale.
Oltre agli atti , sono trascritte nel libro anche le testimonianze delle persone sopravvissute, le relazioni tecniche dei vigili del fuoco, inoltre i verbali dei carabinieri, i sopralluoghi effettuati nelle ore successive, fino ad arrivare alle tre sentenze penali.
Le responsabilità penali erano state già accertate a 3 anni dalla tragedia , nell’85, con l’ultima sentenza della Cassazione.
Per quanto riguarda la causa che ha provocato l’incendio invece nessuno è mai riuscito a capirla: si pensa principalmente ad un cortocircuito oppure ad un mozzicone di sigaretta gettato a terra. Al tempo infatti era ancora consentito fumare nei luoghi pubblici e poche erano ancora le precauzioni adottate per eventuali incendi o imprevisti simili: i cartelli dell’estintore non erano presenti e non erano neanche indicate le uscite di sicurezza, cosa che invece sarebbe stata fondamentale. Dopo questa tragedia però, e quella del Cinema Statuto di Torino, avvenuta nel 1983, con ben 64 vittime, si modificò la normativa nazionale antincendio.
In seguito il professore ha mostrato alcune foto scattate proprio in quella triste giornata, alcune nei momenti in cui sono arrivati i soccorsi. I vigili del fuoco non avevano a Todi una loro caserma e furono così chiamati da Perugia, e impiegarono ben 45 minuti per arrivare. Non disponevano di un’autoscala, perché in manutenzione a Varese e quindi intervenne un’autoscala dalla caserma di Terni.
Nel frattempo però, come testimoniano le foto all’epoca dei fatti, i cittadini di Todi si diedero da fare per cercare di salvare i malcapitati: rimediarono funi, lanciate dai tetti degli edifici di fronte, appoggiarono scale alle pareti.
Fu anche utilizzato un furgone di un autotrasportatore, che avrebbe dovuto caricare in serata i mobili di un espositore , essendo appunto , quello, l’ultimo giorno dell’esposizione.
Altre foto invece, scattate anche prima del rogo, raffigurano i mobili antichi in mostra, i tendaggi, sicuramente non ignifughi e che potevano facilmente prendere fuoco e sprigionare gas letali.
Quindi appare evidente come la maggior parte delle vittime sia morta non tanto per le lesioni, ma per soffocamento da inalazione di gas e anche per le altissime temperature raggiunte nei vari ambienti del palazzo .
Inoltre, essendo ogni spazio stipato da questi arredi e le vie di fuga non segnalate, la possibilità di una fuga rapida fu drasticamente diminuita.
Da studentessa, ma penso di parlare a nome di tutti coloro che hanno avuto la possibilità di prendere parte alla presentazione, trovo che l’ intervento sul Vignola sia stato molto utile e toccante, e assolutamente pertinente al contesto che ha riguardato direttamente Sottobanco, perché se da una parte si sente parlare con una certa frequenza del rogo del Vignola, è vero però che solo in pochi sono consapevoli della gravità della tragedia e delle conseguenze che ha portato sia alla nostra comunità che al di fuori di essa. Noi, anche con articoli come questo, protestiamo la nostra volontà di sapere e di informare: non dimenticheremo.
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