“Tular Rasnal”, è il nome della Covenzione recentemente sottoscritta tra il Comune di Todi e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma; una concreta possibilità di far conoscere la storia e la ricchezza archeologica – e non solo – della nostra città.
L’accordo, ispirandosi ai principi del Sistema Museale Nazionale e della Convenzione di Faro, mira a far rete con gli Enti locali per promuovere la cultura etrusco-italica in tutta la Penisola.
“Tular Rasnal” intende valorizzare, su tutto il territorio italiano, le culture dell’Italia preromana e in particolare quella etrusca, nella sua dimensione materiale e immateriale, attraverso riduzioni sul costo del biglietto e sulle formule di abbonamento al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia per tutti i cittadini residenti nei territori dei comuni aderenti.
In seguito a questo evento, abbiamo pensato di intervistare il Direttore del Museo, il prof. Valentino Nizzo che costituisce un vanto anche per la nostra città, dato che quet’ultima ha visto i suoi natali.
Nato a Todi nel 1975, Valentino Nizzo ha compiuto gli studi all’Università “La Sapienza” di Roma, dove ha conseguito laurea, specializzazione e dottorato di ricerca in Etruscologia. Nel 2010 è diventato archeologo del Ministero dei Beni Culturali, prima presso il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara e poi presso la Direzione Generale per i Musei. Nel 2014 ha conseguito l’abilitazione a professore associato di archeologia e dal 2017 ha assunto la direzione del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, fondato nel 1889 per raccogliere insieme tutte le antichità pre-romane del Lazio, dell’Etruria meridionale e dell’Umbria, appartenenti alle civiltà etrusca e falisca.
Seduto alla sua scrivania, nella villa rinascimentale che papa Giulio III fece costruire al di là del Tevere tra il 1551 ed il 1553 come residenza di campagna, il Direttore ha risposto così allenostre domande:
Cosa si prova ad essere il direttore di uno dei più importanti musei italiani?
“È sicuramente un grande onore e un grande privilegio per me che, dopo aver compiuto un lungo
percorso di studi, sono ora un etruscologo. Ho studiato all’Università “La Sapienza”, lì mi sono
laureato, specializzato ed ho conseguito il dottorato e post dottorato in Etruscologia. Non avrei mai
immaginato di assumere il ruolo di direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, quando
ho intrapreso il mio percorso di studi che mi ha condotto, tra le altre cose, a diventare funzionario
archeologo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, prestando servizio presso
la Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna.
Oggi, nel ruolo di direttore del Museo di Villa Giulia, sento la responsabilità di rendere il museo più
accessibile, inclusivo, comprensibile e amato dalle persone, proprio per ciò che il museo
rappresenta e accoglie. Parlo di reperti etruschi e delle altre popolazioni pre-romane. Con immenso
orgoglio aggiungo che abbiamo anche reperti che provengono da Todi, la mia e la vostra città
natale”.
Pensa che la cultura etrusca sia sufficientemente trattata nei programmi scolastici o necessiti
di maggiori approfondimenti, specialmente in regioni come l’Umbria dove sono presenti
vistose eredità etrusche?
“Nella scuola, purtroppo, lo studio che si fa del mondo antico è molto carente, nonostante siamo
circondati da eredità pre-romane e romane. Per quanto riguarda Todi, lo stesso suo nome è di
origine pre-romana e non studiare adeguatamente l’origine antica della città, ci priva della
comprensione di qualcosa che è ancora vivo e attuale intorno a noi. Quindi sarebbe importante
permettere ai giovani di studiare e comprendere meglio quel patrimonio di cui sono proprietari e
custodi”.
Qual è il rapporto tra il museo di Villa Giulia e la città di Todi con riferimento alla recente
convenzione stipulata e ai reperti tuderti ospitati al museo?
“Grazie alla Convenzione siglata, il rapporto è ancora più forte e concreto; la Convenzione ha un
valore simbolico e ha anche un nome che richiama quello di Todi. Essa è infatti denominata “Tular
Rasnal”, un’espressione che sta ad indicare il confine della nazione etrusca. Il termine “Tuder”
deriva proprio da “Tular”, perché Todi era città di confine. Ecco, allora, che il nome di Todi
richiama fortemente il nome della Convenzione. Aver stipulato questo accordo con il vostro
Comune è un modo per far sentire i tuderti più vicini alle antichità che Villa Giulia ospita e che
sono di inestimabile valore e di grandissima importanza. Si tratta di reperti ricavati da scavi
ottocenteschi, privi purtroppo di quelle informazioni che oggi si ritengono indispensabili per
apprezzarne appieno l’importanza e il significato. Spero che la Convenzione incoraggi i tuderti a
scoprire Villa Giulia e i suoi tesori.
Todi è anche una delle cinque realtà che hanno previsto una reciprocità, uno scambio, con il nostro
Museo e questo è un incentivo, per chi visita Villa Giulia, a scoprire anche le ricchezze e le bellezze
di Todi. I reperti tuderti ospitati dal Museo Nazionale Archeologico si trovano a Villa Poniatowski,
altra sede del Museo di Villa Giulia; qui, infatti sono custoditi i reperti etrusco-italici provenienti
dal Latium vetus e dall’Umbria.
Per Todi avere questo punto di narrazione a Roma è molto importante; rappresenta, infatti, la
possibilità di far conoscere le antichità e la storia della città a più persone che, così, sono
incoraggiate ad uscire dalla capitale per andare alla scoperta delle antichità presenti anche nei centri
minori. Questi reperti, insomma, sono degli ambasciatori dell’importanza storica di Todi e
testimonianza del fatto che è stata una città ricca”.
Cosa secondo lei può avvicinare un giovane al mondo della cultura e in particolare alla
cultura etrusca? Ci sono delle iniziative del museo in questo senso?
“Non è facile avvicinare i giovani al mondo della cultura, soprattutto in questi tempi. Purtroppo la
mentalità comune, il modo di essere e di vivere, spinge i giovani alla ricerca del divertimento e a
pensare ad altro. Alla maggior parte basta il percorso formativo che sta facendo e non si preoccupa
di conoscere “di più”. Invece, sarebbe molto importante lasciarsi coinvolgere dall’interesse per la
cultura, soprattutto se legata al territorio in cui si vive. C’è, inoltre, un aspetto che si fa fatica a
riconoscere e cioè che il patrimonio culturale è importantissimo per il turismo; è una garanzia per
attirare visitatori e per trarne vantaggio. Quello che i nostri padri ci hanno lasciato è ora un nostro
bene e possiamo contare su un passato rilevante e ricco. Non è facile far capire questa cosa, perché
nella mentalità comune non c’è l’idea che la cultura possa essere una fonte di sviluppo sociale ed
economico. In questo senso, Villa Giulia sta facendo il più possibile per essere inclusiva e
accessibile; la cosa non è semplice perché il museo non era nelle migliori condizioni, pur avendo
grandi possibilità. Da quando io sono direttore del Museo, abbiamo proceduto al recupero di spazi
che consentono di fare mostre; abbiamo potenziato i servizi didattici: ci sono laboratori rivolti
soprattutto ai bambini, perché sono loro che studiano gli Etruschi; abbiamo promosso molte attività di alternanza scuola-lavoro, tirocini e ospitiamo molte iniziative legate all’accessibilità fisica e
cognitiva. A questo si aggiungono le iniziative che servono a costruire una vera comunità a villa
Giulia, per costruire un territorio fatto di persone e non solo di spazi, opportunità per vedere villa
Giulia come un posto dove tornare e non solo dove imparare”.
Come è stato collaborare per la serie televisiva “ROMVLVS” e in cosa è consistito il suo
rapporto?
“La mia esperienza in campo cinematografico è stata una cosa totalmente inaspettata. Avevo
pubblicato un’ archeorecensione sul mio canale ufficiale di Youtube “Etruschannel” riguardante il
film “Il Primo Re” con la regia di Matteo Rovere. La recensione era divenuta quasi virale ed aveva
attirato l’attenzione del regista che aveva apprezzato molto il modo in cui avevo trattato
l’argomento; così mi ha contattato e mi ha chiesto di dare un supporto alla nuova serie a cui stava
lavorando: “ROMVLUS”, appunto. Ho accettato con piacere e ho fatto quello che ho potuto per
rendere la serie storicamente fedele, sia dal punto di vista della narrazione, e quindi della
sceneggiatura, che dal punto di vista dei costumi e degli arredi. Quando io sono intervenuto, il
grosso del lavoro era già stato fatto, ma io ho cercato di dare più consigli possibile. Mi sono
ritrovato, quindi, catapultato nel mondo cinematografico, a collaborare con costumisti, scenografi,
autori, aiuto-registi, attrezzisti di scena,… e devo dire che è stata una bella esperienza. Infine, però,
mi sono reso conto che le dinamiche che portano alla realizzazione di un film sono molto complesse
e non permettono di intervenire troppo sulla realtà storica; avrei sperato che tutti i miei
suggerimenti fossero presi in considerazione, ma i tempi e le licenze poetiche non l’hanno
permesso. È stato, comunque, divertente ed inoltre, ho potuto fare un collegamento in diretta da
Villa Giulia durante il periodo del lockdown a causa del Covid, durante il quale ho raccolto
domande e commenti che seguivano la messa in onda della serie ed io ho risposto in diretta agli
intervenuti che segnalavano anomalie presunte e reali presenti nella serie. Le domande e le
osservazioni sono diventate uno strumento di approfondimento molto serio e ne è scaturito qualcosa
di molto utile dal punto di vista storico e culturale. Nella seconda serie ho collaborato solo nella realizzazione della
prima parte; poi, quando mi sono reso conto che le mie indicazioni potevano essere prese in
considerazione solo in parte, ho deciso di rinunciare. Ho dato, però, un aiuto importante per quanto riguarda la trama e spero che il regista e gli autori continuino sulla strada che erano intenzionati a seguire, cioè quella di dare una
credibilità storica e antropologica alla serie.
La mia esperienza può essere di grande insegnamento per i giovani: mai aver paura di mettersi in
gioco; qualunque cosa può diventare un’opportunità”.
C’è un messaggio che vorrebbe lasciare agli studenti e ai lettori di Sottob@nco?
“Si, quello di essere orgogliosi del fatto di essere nati e di vivere in una città stupenda, dove gli
occhi si possono riempire di quanto di più bello ci sia, a cominciare dai paesaggi. Io ho ancora nella
mente l’immagine della mia casetta di famiglia con la visione delle curve del Tevere e dei campi di
girasole e vi assicuro che è qualcosa di incredibilmente bello, che mi porto dentro.
Il fondatore dell’antropologia moderna, Franz Boas, tedesco naturalizzato statunitense, nel
ragionare sul perché siamo esseri umani e come lo siamo, è partito dall’osservazione del
comportamento degli Inuit, indigeni dei paesi artici, ed ha capito che per loro, distinguere le minime
variazioni cromatiche dell’acqua e della neve, era motivo di sopravvivenza. Ha compreso, quindi,
quanto l’ambiente in cui viviamo influenzi le nostre potenzialità percettive, la nostra capacità di
vivere, pensare e rappresentare il mondo in cui cresciamo. Io credo che chi, come noi, ha avuto la fortuna di nascere e vivere in un luogo come Todi, sia un privilegiato. Dobbiamo far tesoro della
ricchezza che abbiamo intorno, della bellezza che è sopravvissuta per millenni. Questa consapevolezza
ci porterà a rispettare, capire e cogliere le potenzialità del luogo in cui siamo; e, anche se la vita ci
porterà a trasferirci in altri paesi o in altre città, la nostra origine, il nostro passato, la ricchezza del
luogo in cui siamo nati e cresciuti, rimarranno un bagaglio nella nostra testa che ci potrà essere
d’aiuto per qualunque sfida ci troveremo ad affrontare”.
L’incontro con il prof. Nizzo si è concluso in questo modo, con un invito rivolto ai giovani ad interessarsi alla storia, in particolare a quella del proprio territorio, ricordandoci che la chiave per leggere il presente e guardare al futuro è avere sempre il passato nella mente e nel cuore. La Convenzione “Tular Rasnal” in questo senso può essere molto utile in quanto rappresenta un ottimo strumento per intraprendere un nuovo cammino verso la conoscenza del nostro passato.
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