Incontro con l’esperto: per non restare senza parole di fronte ai problemi del linguaggio.

L’esperto che abbiamo incontrato è il Dottor Mimmo Foiano, logopedista presso il servizio riabilitazione età evolutiva di Marsciano-Todi, USL Umbria 1, che ci ha chiarito qualche concetto di base. Il logopedista è una professione sanitaria che si occupa della prevenzione e del trattamento dei disturbi del linguaggio, della voce, della parola e della comunicazione in generale.
Sua competenza sono anche i disturbi specifici dell’apprendimento (noti come DSA) e le difficoltà di apprendimento in generale, e ancora le patologie della voce (disfonie, voce molto rauca e così via) o quelle legate alla professione, come accade spesso agli insegnanti che parlando molto presentano tendenzialmente difficoltà di ambito foniatrico.

L’ ambito è quindi molto vasto poiché riguarda lo sviluppo del linguaggio, sia in produzione che in comprensione, dalla primissima infanzia fino a tutte le problematiche inerenti all’età adulta e all’età senile. E oggi più che mai è importante la figura professionale in questo ambito dato che anche un paziente che venga ospedalizzato e intubato a causa del Covid può in seguito presentare difficoltà sia di deglutizione che di fonazione e deve quindi essere riabilitato in questo senso. La richiesta di interventi specifici è salita addirittura del trenta per cento. Allo stesso modo alcune tipologie tumorali o i traumi da incidenti stradali possono determinare una lesione cerebrale che comporti afasia o tutta una serie di difficoltà nelle competenze linguistiche, nel parlare o nel comprendere il linguaggio.

L’attività logopedistica è prevalentemente cooperativa, infatti si lavora insieme a un neuropsichiatra infantile ( quando il soggetto è un bambino), ad uno psicologo e ad altre figure che si occupano di riabilitazione come il fisioterapista, gli psicomotricisti, in cui ognuno fa la sua parte per stilare una diagnosi completa del paziente. Le competenze comunicative-linguistiche del paziente sono valutate attraverso un bilancio logopedico, che poi permetterà all’intera equipe e alle figure mediche di stilare una diagnosi. Alla diagnosi segue un trattamento che può essere di tipo abilitativo, cioè di sostegno a quelle che sono le competenze linguistiche e comunicative, o riabilitativo vero e proprio, rispetto a quelle facoltà o funzioni che risultino compromesse. In tutto questo vanno seguite delle specifiche linee guida che concorrono a definire le varie problematiche e le attività terapeutiche per ogni determinata patologia rilevata.

Ci vuole certo competenza e sicuramente molta passione. Il dott. Foiano racconta che quando aveva diciassette anni aveva partecipato ad un convegno in cui era stata invitata un’equipe, allora chiamata di tipo psicopedagogico, che lavorava in una struttura e si occupava di bambini cerebropatici gravissimi. La relazione lo colpì moltissimo, e in particolare fu affascinato dalle parole del logopedista presente nell’equipe, tanto che nella fase di orientamento successiva agli studi superiori decise che quello dei disturbi del linguaggio sarebbe stato il suo campo.

Oggi il logopedista lavora molto a contatto con la scuola.

La parola che viene subito in mente è “dislessia”, parola che sentiamo spesso risuonare ma che individua una realtà complessa e conosciuta a volte superficialmente. Basti considerare che non esistono bambini e ragazzi con un disturbo perfettamente identico, ognuno presenta delle caratteristiche particolari e la terapia va dunque personalizzata.
In uno studente dislessico le competenze di scrittura e di lettura non sono automatizzate come dovrebbero, e lo stesso succede con quelle del calcolo.
Questi ragazzi fanno molta fatica e le loro difficoltà ovviamente possono aumentare anche in base alle loro scelte scolastiche. Il dottor Foiano chiarisce che da un punto di vista intellettivo sono assolutamente nella norma. Anzi a volte sono ragazzi più intelligenti e cioè hanno un quoziente intellettivo più alto della media .

A volte ci sono delle famigliarità in questo tipo di disturbi, ma possono nascere indipendentemente dai fattori genetici.
Di fatto, se il ragazzo dislessico non viene aiutato è molto facile che abbandoni la scuola. E possono esserne conseguenza sfiducia in sé stessi, percezione di sé come di un “diverso”, emarginazione sociale, ansia, disturbo del comportamento, depressione dovuta al fatto che a fronte di un grande impegno non si ottengono i risultati raggiunti dai compagni di classe. Dobbiamo quindi stare molto attenti quando ci riferiamo a ragazzi con queste problematiche perché sono molto sensibili al giudizio.

I genitori, da parte loro, devono stare attenti e considerare che quando iniziano a realizzare che “il bambino parla poco oppure parla male”, un intervento precoce è migliore di un atteggiamento attendista, quest’ultimo spesso determinato da superficialità o da paura di rilevare una eventuale problematicità.
Una risposta ai dubbi può pervenire dal pediatra, dal logopedista , un confronto o un parere importante anche, spesso, dalla scuola, che indirizza i genitori verso l’approfondimento sanitario.

Per esempio, continua il dottor Foiano, noi sappiamo che bambini con disturbi specifici dell’apprendimento per quanto riguarda scrittura e lettura dovrebbero essere trattati dopo il secondo anno della primaria, e dopo il terzo anno della primaria se i disturbi sono del calcolo. Però spesso ci si trova a fare una prima valutazione o diagnosi alla fine della primaria o addirittura durante la secondaria e più raramente, ma succede, addirittura alle scuole superiori.
Dal canto suo il logopedista è costantemente pronto a lavorare con i genitori, soprattutto se il bambino è molto piccolo, accompagnandoli nel tempo e consegnando loro tutta una serie di tecniche che li aiutino a strutturare meglio il linguaggio del bambino: si va dalla lettura di un libro all’utilizzo del gioco simbolico. Quando il bambino sarà più grande, verso i tre anni e mezzo o quattro, si può già cominciare un’esperienza abilitativa o riabilitativa. Ma già dalle prime valutazione si vede se un ragazzo che presenta un ritardo nell’apprendimento dovuto a dislessia potrà acquisire le capacità in cui è carente.
Di fatto però un divario tra un normo- lettore e un dislessico ci sarà, sostanzialmente, sempre.

Ad oggi comunque, rispetto ad un passato recente in cui il bambino dislessico delle elementari non era riconosciuto e spesso veniva addirittura etichettato dall’insegnante stesso come lavativo o con il nomignolo tristemente famoso di “somaro”, i dati ci dicono che la sensibilizzazione al problema sul territorio è cresciuta; tra le professioni sanitarie più scelte all’Università vi è proprio la logopedia, ed è quello che ci serve , dal momento che se in Italia attualmente i logopedisti sul territorio sono 15.000 ,all’incirca ventiquattro ogni centomila abitanti, in Europa per lo stesso numero di abitanti ci sono quaranta logopedisti, dunque quasi il doppio.

Un grazie quindi davvero significativo a quanti, come il dottor Foiano, si dedicano con passione a una problematica così diffusa e pervasiva, in grado veramente di condizionare in peggio non solo il nostro apprendimento ma di conseguenza, per le varie implicazioni emotivo-comportamentali, anche la nostra vita sociale.

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