Nel lontano 1835, venne rinvenuto quello che è possibile ritenere il ritrovamento archeologico più famoso e più importante per la nostra città, considerabile un capolavoro dell’arte etrusca: è il Marte di Todi, risalente al V secolo avanti Cristo. Numerosi sono stati gli studi al riguardo, ma sicuramente l’ultimo e il più innovativo è quello dello speleologo Maurizio Todini, autore del libro: “Todi nell’Ottocento. Lo scavo Casei. Documenti inediti sul ritrovamento nel 1835 del Marte di Todi” il quale ho avuto il piacere di intervistare presso il nostro Liceo.
Il Marte è una statua in bronzo rinvenuta accanto le mura del noto convento di Montesanto, precisamente a ponente rispetto a queste, in una zona in cui sorgeva un antico insediamento etrusco. Tutto ha avuto inizio quando Luigi Casei, da qui il nome dello scavo, lavorando un terreno nelle vicinanze del muro della struttura, aveva rinvenuto grossi massi di travertino, una colonna scannellata, fusti, basi e capitelli. Pochi giorni più tardi – il 2 giugno 1835 – l’uomo annuncia al governatore di Todi e questi, a sua volta, al delegato apostolico, di aver trovato “una statua in bronzo, alta metri uno e centimetri 50, rappresentante un guerriero vestito di corazza con asta in mano di ferro arrugginito e rotta in tre pezzi”. Aggiunge ancora: “La statua è ben conservata, ha soltanto un braccio rotto, ma non mancante perché rinvenuto prossimo alla medesima, e manca finora di elmo. La statua è stata rinvenuta tra il riempimento di terra come sepolta a bella posta e difesa attorno da lastre in travertino mal collocate senz’alcuna base, per cui si è tosto rimossa e posta a salvamento”. Subito dopo fu ordinato dalle autorità ecclesiastiche che la statua venisse trasportata, con ogni precauzione, a Roma per essere meglio analizzata e studiata dagli esperti del tempo. Nel mese di ottobre sarà lo stesso Luigi Casei a trasportare, personalmente, la statua in Vaticano. Da lì il bronzo non rientrerà più a Todi. Come dice Todini, la figura venne sin dai primi giorni accostata alla divinità romana, ma come confermano degli studi successivi, il figurante è in realtà un giovane guerriero atto nel compiere una libagione propiziatoria, prima di partire verso la battaglia. Se si osserva bene l’immagine, è possibile notare che il bronzo non presenta l’elmo, la lancia e la patera (una coppa utilizzata nei sacrifici). Per quale motivo? Per sciogliere questo dubbio, Maurizio Todini specifica che quando è stato rinvenuto mancava soltanto il copricapo militare, la lancia era spezzata in tre parti e l’utensile non è stato mai trovato, così come l’elmo stesso. Inoltre, come per molte opere di questa antica popolazione, non è possibile risalire all’autore, ma in questo caso è presente una dedica scritta nella lingua degli antichi umbri, secondo l’alfabeto etrusco (’’Ahal Trutitis dunum dede’’) che ricorda che la statua fu data in dono (dunum dede) da un certo Ahal Trutitis. Quest’ultimo non è un personaggio di origine celtica come si potrebbe pensare (ciò aveva scatenato delle teorie riguardo la presenza di questo popolo nella nostra zona), ma è un uomo proveniente sicuramente da un’area più vicina alla cultura umbra.
Un elemento da non sottovalutare, è l’impatto che il rinvenimento di questo bronzo ha avuto nella società del tempo e la sua attribuzione a questa gloriosa figura del Dio Marte. Tutto ciò ha avuto un grande effetto sui tuderti, basti pensare ai nomi, riferiti alla divinità, dati ai figli (Marzio ad esempio), oppure abbiamo avuto imprese chiamate Marzia, società di calcio (come il Todi Marte) o addirittura basti pensare che per l’inaugurazione dell’acquedotto nel 1925 viene scelta proprio la raffigurazione di questa statua per testimoniare la nostra “antica grandezza”.
Un secondo aspetto che ha cambiato il rapporto dei tuderti con l’arte e l’archeologia è l’aver attribuito un così grande valore economico al bronzo, venduto addirittura per 1900 scudi; in seguito si è scatenata una sorta di “caccia al tesoro” e un nuovo approccio verso l’archeologia, dando avvio a una serie di scavi e ritrovamenti.
Purtroppo oggi i tuderti, non possono ammirare l’originale della statua, perché fu acquistata dal Governo Pontificio nel 1836, ed attualmente si trova nei Musei Vaticani. A Todi ne abbiano soltanto una copia nel Museo Pinacoteca, ma i tuderti lo custodiscono nel cuore, come il vestigium di una grande e antica civiltà e ne tramandano la storia di generazione in generazione.
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