TODI – Ci è impossibile ormai, quando sentiamo la parola attore, non pensare alle grandi star del cinema o della televisione. Oggi, forse più che mai, gli artisti dello spettacolo sono protagonisti della nostra vita: l’industria cinematografica e quella televisiva, aiutate negli ultimi anni dal boom delle piattaforme streaming, sono ora ai loro massimi storici in termini di guadagno e impatto sulla popolazione. I famosi divi sono costantemente sulla bocca di tutti, volenti o nolenti. Ed i social non fanno altro che amplificare ed esasperare il potere mediatico che queste figure possiedono e di cui spesso sono vittime. Basti pensare al processo fra Johnny Depp e l’ex moglie Amber Heard che in questi giorni si sta svolgendo, trasmesso in diretta integralmente su YouTube ed argomento caldo sui vari social.
Ma in un discorso così ampio, pieno di gossip e sensazionalismi, la componente artistica viene spesso relegata a fattore secondario. Se è vero che agli attori è riservata tanta voce nel panorama dell’informazione, é altresì vero che sempre meno si vuol parlare nello specifico del lavoro di chi recita, ciò su cui esso si basa e ciò che esso comporta.
Lo scorso 20 Aprile il Liceo Jacopone ha organizzato una lectio magistralis con l’attore Riccardo Leonelli a cui hanno partecipato gli studenti delle classi 3AS, 1AC e i ragazzi del gruppo teatrale.
Tema della lezione è stato il canto I dell’Inferno dantesco, affrontato attraverso un approccio di tipo recitativo. Gli studenti, aiutati dall’attore ternano, si sono cimentati nell’arduo compito di leggere Dante interpretandolo teatralmente.
«La Divina Commedia presenta una struttura molta vicina a quella di un testo teatrale. Dante nel descrivere le scene, possiede un occhio da regista. Presi dalla sua tecnica poetica è facile non notare subito questi aspetti, che pure sono presenti; anche in questo si intuisce la grandezza dell’autore», spiega Riccardo Leonelli.
«In generale, quando hai davanti un autore che scrive, sia poesia, sia prosa, è sempre una persona che ha un vissuto che vuole raccontare. Allora affrontarlo dal punto di vista attoriale, cioè sapersi porre le domande che generalmente si fa l’attore quando lavora sul proprio personaggio, sul testo, sul copione… è importante per capire meglio anche il contenuto di ciò che si sta leggendo. Il lavoro attoriale aiuta a leggere un testo nel modo più corretto, capendo le ragioni per cui l’autore sta scrivendo quelle cose, sta presentando i personaggi in quel modo, sta raccontando quella storia».
Al termine della lezione, Sottob@nco ha avuto la possibilità di intervistare l’attore e porgli qualche domanda.
Classe 1980, ternano, Riccardo Leonelli è attore (di teatro, televisione e cinema), autore e regista teatrale. Parallelamente negli ultimi anni ha anche iniziato ad insegnare recitazione.
Si appassiona al teatro durante il liceo, per merito del proprio professore di filosofia:
«Ho mosso i primi passi liceo, in modo del tutto casuale. Sono stato trascinato dentro questa “follia” dal mio professore di storia e filosofia in quale aveva coinvolto un mio compagno di classe, che era scappato perché non voleva recitare. Questo compagno mi ha incontrato e mi ha detto “C’è uno che ti vuole fare recitare, un professore”. “Ma chi? A me? No ma non credo che…” Insomma, riluttante, vado là e… e praticamente, non so perché, ho detto sì. Da lì tutto è cominciato».
Si iscrive dunque all‘Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” a Roma, dove si diploma nel 2004, da lì in poi inizia la sua carriera. Carriera variegata della quale citiamo solo, per brevità, “Vallanzasca – Gli angeli del male“ per la regia di Michele Placido e “Corpo estraneo” per la regia di Krzysztof Zanussi (qui il link IMDB alla sua filmografia completa, forse più conosciute al lettore saranno le fiction targate Rai).
Il suo cuore, dice, è per il teatro (il suo spettacolo più recente è un adattamento dai racconti di Edgar Allan Poe, “Non giocarti la testa col diavolo”). Interessante è ciò che ci racconta riguardo al rapporto con il suo lavoro:
«Quando mi chiedi “Che cos’è per te il teatro?” Per me è un po’ un mistero, perché quando ho iniziato non lo volevo fare, ero timidissimo, molto chiuso. Sì può dire avessi una vena artistica, certo, però era più da “dietro le quinte”, non mi piaceva espormi in pubblico. Invece ho provato e dal momento in cui ho messo il piede per la prima volta su un palcoscenico sono rimasto totalmente affascinato. È il teatro che ha scelto me in qualche modo, mi ha preso, mi ha reso parte di sé ed ora è la mia vita. Il teatro è quella cosa per cui io mi sveglio la mattina, quella cosa che mi dà la gioia di vivere, mi dà la forza di fare progetti, di pensare a nuovi spettacoli, di scrivere testi per poi interpretarli.
«Il teatro mi ha aiutato a superare i miei blocchi emotivi. Spesso in età adolescenziale abbiamo tante paure, tanti freni inibitori. Rispetto a quando siamo bambini, in età adolescenziale escono fuori tutte le varie incertezze: si ha paura di essere giudicati, di essere guardati dall’esterno e di non essere reputati abbastanza dagli altri.
«Il teatro, con uno sforzo iniziale notevole devo dire, perché all’inizio è dura-racconta sorridendo-ti aiuta a liberarti, ti insegna a stare al pubblico, a dire agli altri chi sei. Mettersi nei panni di un altro diverso da te ti permette: da un lato di dire cose che vorresti dire, ma che ti vergogni di dire, perché sei tu con la tua faccia, il tuo nome e il tuo aspetto, quindi mettendoti nei panni di un altro puoi dire cose che pensi e che senti, con l’alibi che non sei stato tu a dirle; dall’altro è una grandissima indagine psicologica di te stesso»
Ci interessa poi approfondire il lavoro attoriale, come ci si approccia ad un personaggio? È più corretto cercare di dimenticarsi di se stessi e quindi immergersi completamente nel ruolo, oppure stringere un rapporto “intimo” con il personaggio e metterlo in relazione con quello che è il proprio vissuto? A tal proposito Riccardo ci spiega:
«Allora, dimenticarti di te stesso è impossibile, noi siamo sempre il tramite per qualsiasi personaggio. Quindi, si deve partire da se stessi. E partendo da te stesso devi cercare di costruire un personaggio, poi puoi prendere spunto o da persone che conosci, o da persone che immagini – facendo dunque un grosso lavoro di immaginazione-, o magari da personaggi interpretati da altri attori in altri film.
«Se devi interpretare un personaggio realmente esistito, ti baserai, partendo da te stesso, da come sei tu, com’è la tua voce, la tua faccia… ti baserai, come dicevo, sui quadri, i dipinti, gli scritti, i film che sono stati fatti su quel personaggio. E da lì piano piano costruisci: come si muove secondo te, come parla, come cammina e come pensa.. tutta una serie di informazioni che elabori e metabolizzi, partendo da te, non puoi dimenticare te stesso. Tu sei la base. Sei il seme, da cui far nascere poi un’altra cosa. Crei attorno a te stesso, tutta una serie di “sovrastrutture”, che ti rendono possibile diventare qualcos’altro.
«Tutto questo lavoro va fatto, è importante chiarirlo, senza mai dimenticare chi tu sia, perché altrimenti il rischio è di perdere la propria identità. Può diventare pericoloso»
I rischi legati ad un simile lavoro sono infatti spesso poco considerati, l’attore lavora utilizzando quella che è la propria intimità e i propri sentimenti, il che lo mette in una posizione molto precaria e sotto certi versi pericolosa. La mente umana è complessa e delicata e le malattie contro cui questa può incorrere non andrebbero sottovalutate. In particolare è importante che l’ambiente di lavoro sia un ambiente sano e sicuro. Anche di questo parliamo con Riccardo:
«Sì, gli attori e le attrici sono esseri molto fragili di solito, quasi sempre, specialmente quelli bravi. Si recita non per guadagnare, per fare soldi, lo dice Edmund Kean, ma perché non si può fare a meno di recitare, si recita perché si è dei codardi. Si interpretano personaggi eroici perché si è dei vigliacchi… non si può farne a meno.
«L’attore, l’attrice è una persona fragile, che è in cerca di se stessa. Non bisogna mai andare oltre, devi sempre avere il controllo di te e, soprattutto, è importante che all’interno di un set o di un teatro ci siano dei ruoli ben definiti, dei limiti fissati molto chiaramente.
«È importante formarsi una personalità solida, perché questo è un mestiere basato in gran parte sull’emotività personale e il bravo attore è colui che si dà e quindi mette in gioco i propri sentimenti a servizio del film o dello spettacolo teatrale e del personaggio, chi sta sopra non se ne deve approfittare. Ci deve sempre essere il rispetto della persona prima di tutto»
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