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Quanto è grande il mondo! Quanti luoghi, paesi, culture e storie diverse! Spesso però ce lo scordiamo, e rimaniamo chiusi nella nostra realtà nazionale, purtroppo a volte anche in quella regionale o addirittura cittadina, precludendoci tutte le esperienze e gli insegnamenti che possiamo apprendere dagli altri, i così “spaventosi” stranieri, e che potrebbero sicuramente aiutare tutti noi nel nostro percorso di vita. Due persone che sicuramente non si sono private di tutto ciò sono Matteo e Marta, due alunni del nostro Liceo che hanno avuto la fortuna di vivere un periodo di tempo all’estero, e noi l’abbiamo intervistati per voi.
Come ti chiami?
Sei stato/a all’estero, perché, dove e per quanto tempo?
Per proseguire le attività scolastiche mentre eri lì sei dovuto andare a scuola nella città in cui soggiornavi?
Quali sono le differenze tra il sistema scolastico africano/arabo e quello italiano?
Come ti sei integrato nelle attività quotidiane della città in cui hai abitato per diverso tempo?
Quindi quali sono le diversità più vistose nelle abitudini di quelli che abitavano con te rispetto alle tue e in generale alle nostre italiane?
Quanto è diverso l’approccio alla quotidianità e in generale l’attitudine alla vita rispetto all’Italia?
In un paese così diverso, quali sono quindi, se li hai sperimentate, le possibilità di svago, le opportunità per passare il tempo?
Le persone come si rapportavano con te, come interagivano?
Infine che tesoro hai fatto da questa esperienza all’estero? Cosa ti ha insegnato? Ti ha fatto capire qualcosa di cui prima non eri a conoscenza?
Matteo
Sono stato all’estero per tre anni, dal 2018 al 2021, per la precisione in Nigeria, a Lagos. Mi sono trasferito insieme a mio padre che lavorava nel consolato italiano in Nigeria.
Sì, andavo in una scuola privata italiana a Lagos, dove seguivo le lezioni con dei professori italiani, uno per ogni materia.
Il sistema scolastico era come il nostro. Però non c’era nessuno che seguiva le lezioni che avesse la mia stessa età, perciò ero in classe da solo con l’insegnante.
In realtà poco niente, dato che stavo quasi tutto il tempo a casa; ogni tanto andavo in spiaggia, affacciata sull’oceano, ma per il resto del tempo preferivo stare da solo.
In Nigeria le abitudini del cittadino medio sono diverse rispetto alle nostre, mancando quella che in Italia è la classe media; lì o sei ricco e benestante, quindi puoi usufruire di più oppurtunità, o sei povero e devi vivere di quello che puoi avere.
È molto diversa. La maggior parte di loro, o meglio quelli con cui sono stato a contatto, avendo meno denaro mediamente a disposizione rispetto a noi, vive di quel poco che ha, e nonostante ciò i ragazzi riescono a vivere la loro vita anche più serenamente di quanto lo facciamo noi italiani, perché loro si accontentano di poco.
Per svagarsi c’era di tutto, parchi, centri ricreativi, tutti i tipi di sport ecc. Non ho fatto tante cose, ho provato a giocare a calcio con svariate squadre, ma poi alla fine ho lasciato, perché il livello era troppo basso.
Le persone che mi incontravano erano sempre gentili, cordiali e calorose; spesso mi salutavano anche se non mi conoscevano. Quindi vivono l’ospitalità verso persone straniere in modo più cordiale rispetto a noi.
Sicuramente, oltre ad aver scoperto una realtà completamente diversa, mi ha fatto capire quanto possono essere importanti le piccole cose, che anche a partire da queste si può essere felici e stare bene. Inoltre ho capito che io sono più fortunato di loro, perché ho più possibilità e opportunità, ma spesso me ne scordo. Questo insegnamento ho iniziato ad apprezzarlo quotidianamente anche quando sono tornato in Italia.
Marta
Sono stata in Barhein, per due anni; ci sono andata con tutta la mia famiglia, perché mio padre, direttore d’albergo, aveva accettato un’offerta di lavoro lì.
Sì, ho frequentato due scuole, delle quali la seconda era una scuola internazionale e per entrarci ho superato un test di ammissione.
La scuola era strutturata sull’esempio del sistema britannico, ovvero potevamo cambiare classe durante l’ora, in base al livello delle nostre competenze.
All’inizio ero sempre dentro casa, e non parlavo con nessuno; poi ho iniziato ad abituarmi all’ambiente, e sono riuscita ad integrarmi e a stringere legami con i miei coetanei.
Certamente la diversità più eclatante rispetto a noi è la visione della donna, per motivi religiosi, poi tutte le diversità culturali la rendevano una realtà completamente diversa dalla nostra , ma nonostante ciò ho vissuto bene lo stesso.
Rispetto a noi si può dire che vivono la vita con filosofia, con più tranquillità, soprattutto quando si presentano problemi, che per loro devono essere risolti con serenità, ricordando che siamo noi i fautori del nostro futuro; la mentalità è opposta a quella italiana, generalmente più frenetica e stressante.
Essendo un luogo totalmente diverso anche territorialmente ho potuto vivere esperienze che qui in Italia, ovviamente, non si possono fare, come andare sul quad nel deserto e visitare il grattacielo più alto al mondo, il Burj Khalifa.
Tutti mi hanno accolto a braccia aperte, curiosi sia del mio bagaglio culturale sia di me, non facendomi mai sentire emarginata dal gruppo; così ho stretto anche diversi legami con persone del posto, conoscendo anche le loro radici culturali.
Questa esperienza posso dire che mi ha aperto il mondo, mi ha insegnato molto, nonostante le difficoltà iniziali, ed ho capito proprio che ognuno è bello perché ha una storia da raccontare, e non bisogna mai fermarsi alle apparenze. Mi ha dato molti insegnamenti sull’adattamento, sulla resistenza, insomma mi ha reso quello che sono. C’è una frase che mi ha detto una mia amica quando sono andata via: “In Barhein si piange due volte, una quando arrivi, e una quando parti”, e devo dire che è vero.
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