TODI – Lunedì 18 settembre 2023 si è svolta, nella Sala del Consiglio della nostra città, la conferenza per l’attribuzione della cittadinanza onoraria al professore Silvio Garattini.
All’apertura della conferenza, il sindaco Antonino Ruggiano ha presentato la figura del professore, facendo un elenco di tutti i premi che gli sono stati conferiti, finora, durante la sua vita, in merito alla sua carriera. Successivamente il professore ha iniziato la sua lectio magistralis sul tema “Prevenzione è rivoluzione”: ha spiegato quanto sia importante la prevenzione per la nostra salute, facendone anche alcuni esempi relativi all’ambito economico e sociale.
Sempre per quanto riguarda questa tematica, il professore ha parlato delle problematiche relative al fumo, in particolare a quello che potrebbe comportare il mantenimento di questa cattiva abitudine. Non solo. Il professore ha spiegato che un’eccessiva assunzione di medicinali non è sempre una cosa positiva, poiché si rischia di cadere nella dipendenza da questi.
«Cosa vuol dire prevenzione? Vivere più a lungo e liberi da malattie – afferma lo scienziato – prevenzione è lotta alle disuguaglianze, a cominciare da quelle economiche; prevenzione è cura dell’ambiente; è risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale, in favore di maggiori risorse per una salute accessibile e gratuita per tutti. Potremmo rendere possibile tutto questo, a patto di una vera e propria rivoluzione culturale, ormai indispensabile per il pianeta e per la popolazione umana».
Una volta terminata la conferenza, abbiamo colto l’occasione per poter intervistare il professore; prima di procedere con l’intervista, ecco a voi qualche informazione su Silvio Angelo Garattini per comprendere meglio questa importante figura che non è solo uno dei più insigni farmacologi al mondo, formatore di generazioni di scienziati cresciuti alla severa scuola dell’Istituto “Mario Negri” di Milano ma la voce più autorevole della ricerca in Italia.
Diplomato perito chimico a Bergamo nel 1947, nel 1948 ottiene anche la maturità scientifica. Nel 1954 è dottore con lode in medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Torino, e incomincia la sua attività come assistente e poi aiuto all’Istituto di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano, dove rimane fino al 1962 come libero docente in chemioterapia e farmacologia.
Nel 1961 ha fondato l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di cui è stato il primo direttore. Nel corso degli anni l’istituto ha continuato a svilupparsi fino a raggiungere un organico di circa 850 ricercatori localizzati in quattro sedi diverse sedi, a Milano, Bergamo, Ranica e Santa Maria Imbaro.
Dal 1965 al 1968 ha presieduto l’European Organization for Research on Treatment of Cancer (EORTC), del quale è fra i fondatori; è componente del ‘Gruppo 2003’, consesso di ricercatori italiani tenuto in gran conto negli ambienti scientifici mondiali.
Garattini è autore di centinaia di pubblicazioni su riviste del settore a livello internazionale e autore di numerosi trattati sulla farmacologia.
È stato membro di numerosi organismi sia nazionali sia internazionali, fra i quali si ricordano il “Comitato di Biologia e Medicina” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il Consiglio sanitario nazionale e la Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la politica della ricerca in Italia, nonché membro della Commissione Unica del Farmaco (CUF) del Ministero della Salute.
È fellow (“compagno”) della New York Academy of Sciences, dell’American Association for the Advancement of Science ed emeritus fellow del Royal College of Physicians.
Nel corso della sua lunga attività ha ricevuto numerose onorificenze nazionali e internazionali fra le quali si ricordano: la Legion d’Onore della Repubblica francese per meriti scientifici, Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana, Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica e diverse lauree honoris causa da parte di diverse università europee.
Alla Camera dei Deputati gli è stato assegnato il Premio America della Fondazione Italia USA.
Novantaquattro anni, il professor Garattini è dagli anni Settanta un assiduo frequentatore del territorio tuderte e, in particolare, del piccolo borgo di Cecanibbi.
Volevamo iniziare l’intervista con una domanda relativa al nostro territorio: qual è il suo legame con la città di Todi?
Beh, è un legame affettivo perché Todi è una bellissima città, ed è una delle sedi che preferisco quando abbiamo degli ospiti a Cecanibbi, dove mia moglie aveva una casa che io ho mantenuto. Porto sempre gli ospiti a vedere Todi, perché è una delle città più belle d’Italia, con questa piazza straordinaria e, soprattutto, la chiesa di San Fortunato è veramente stupenda. Poi i paesaggi delle colline sono straordinari; quello che la distingue dalle altre regioni è da un lato la dolcezza delle colline e dall’altro le bellezze che possiamo trovare in Umbria, con i grandi autori classici (dal Perugino, a Vitti, a Signorelli ecc.). Insomma, c’è un tale numero di cose belle che veramente la rendono una regione straordinaria.
La sua fama le è stata attribuita in gran parte per la fondazione dell’Istituto Mario Negri di Milano. Volevo chiederle come è nato questo istituto.
L’istituto è nato perché nel 1957 sono stato per due mesi negli Stati Uniti, visitando in moltissimi posti, da costa a costa, tutte le organizzazioni scientifiche. Quello che ho imparato da questo viaggio è che, a differenza di come era la situazione in Italia, lì il ricercatore era già una professione, mentre nel nostro Paese la ricerca si svolgeva in università quando c’era tempo. Negli Stati Uniti il ricercatore era veramente considerato una professione a tempo pieno. Grazie a questo viaggio ho visto moltissime cose. Mi ha molto interessato anche l’esistenza delle fondazioni, perché sono delle organizzazioni che hanno la possibilità di agire in modo analogo al privato, e non quindi con tutta la burocrazia delle strutture pubbliche. Ma essendo non-profit, si occupano dell’interesse e del bene comune. Quindi, ritornando in Italia, avevo un gruppetto in università, circa una ventina di collaboratori, e ho detto loro: “Se siamo seri nel fare ricerca, le alternative sono due: o andiamo a lavorare negli Stati Uniti, o facciamo in Italia qualcosa di diverso.” E tutti hanno detto:”No no, non andiamo via, facciamo qualcosa di diverso qui in Italia”.
Allora, io avevo 29 anni, ho cominciato a chiedere ingenuamente in giro e dicevo, a quelli che pensavo mi potessero aiutare, “perché non mi aiuta a fare una fondazione?” Molti scherzavano, qualcuno addirittura rideva. Però, insistendo, un giorno è arrivato in Istituto Mario Negri, che era un cavaliere del lavoro, un gioielliere che aveva fatto una fortuna; questo perché dopo la guerra aveva capito che il gioiello artigianale costava troppo, e quindi aveva fatto il gioiello industriale, creando una rete di vendita in tutta Italia. E come faceva all’epoca, con i fondi che aveva ricavato, li aveva investiti in vari tipi di attività, e un’attività in cui aveva investito era l’industria farmaceutica. Poi, per caso, era venuto a chiedere dei consigli, io glieli ho dati, abbiamo avuto dei rapporti di lavoro e, ad un certo punto, ho detto anche a lui “perché non mi aiuti a fare una fondazione?”. Lui mi ha risposto: “Sei troppo giovane, però ci penso”. Purtroppo ha avuto un tumore del colon avanzato ed è morto alla fine del ‘59/’60. Nel testamento c’erano le indicazioni: lasciava cento milioni e le azioni di questa industria per realizzare l’istituto di ricerca farmacologica Mario Negri, di cui mi nominava direttore. Questa è l’origine, insomma, del Mario Negri: siamo partiti in 20, adesso adesso siamo 750 persone che lavorano nel campo della ricerca medica.
Molto toccante questa storia…
Si, è una storia che voglio raccontare ai giovani perché non abbiano timori nel pensare e nel fare cose importanti, perché se vogliono riescono a fare tutto.
Proprio per questo, l’ultima domanda che volevo farle è riferita al futuro di noi giovani. Prima abbiamo parlato, durante la conferenza, della sua passione per la medicina: volevo chiederle quale consiglio può dare ai giovani, soprattutto a noi ragazzi del quinto anno di liceo, che vorrebbero intraprendere il corso di laurea in medicina.
Una cosa che facciamo noi tutti gli anni, e che bisognerebbe fare, è ospitare nell’Istituto 25 persone del quarto anno di liceo che abbiano manifestato interesse per la ricerca. Questi ragazzi li facciamo lavorare in laboratorio con tutti gli altri, all’incirca per 2 mesi (giugno e luglio), e devo dire che questo permette a molti di capire se hanno, o meno, l’attitudine per la ricerca. Alcuni vanno via perché capiscono che non gli interessa, altri invece rimangono, e ci sono molti che sono venuti lì a fare la tesi o il dottorando. Quindi, il mio consiglio è quello di cercare di capire andando a visitare i luoghi, per rendervi conto di cosa è la professione medica e anche della parte applicata alla ricerca. Qui avete, a Perugia, l’università di Perugia in cui ci sono eccellenti gruppi di ricerca, quindi potete andare a vedere, a farvi consigliare. Quello che dovete fare, secondo me, non è tanto il chiedere di avere l’apertura del numero chiuso, ma è quella di avere più attenzione nell’università: se aumentate il numero chiuso ma non migliorano le università, diminuisce la preparazione. Quindi è molto importante che i numeri degli studenti siano adeguati alle capacità dell’università: se come all’università La Sapienza di Roma, al primo anno ci sono cinquecento studenti, voi ditemi cosa possono fare… delle lezioni, nient’altro, la parte pratica non la possono fare con così tanta gente. Quindi è molto importante, come consiglio, quello di andare a vedere, perché questo vi aiuta a capire.
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