Nel panorama della sostenibilità ambientale e alimentare, poche collaborazioni sono così emblematiche e promettenti come quella tra Slow Food e la città di Todi, incastonata tra le dolci colline umbre. Questo legame, recentemente consolidato, converge Todi al centro di un movimento globale che promuove pratiche agricole e culinarie rispettose dell’ambiente e delle tradizioni locali. A guidare questa iniziativa è Federico Varazi, figura di spicco nell’ambito della valorizzazione del cibo buono, del mangiare bene che diventa accoglienza turistica, esperienza, identità, cultura e conoscenza.
Ma cosa rende Todi così speciale da meritare il titolo di laboratorio di buone pratiche? Esaminiamo da vicino questa partnership e il suo impatto sulla comunità e sull’ambiente.
«Quello del cibo è uno snodo sempre più centrale nella società moderna. Attorno al cibo ruotano molte tematiche spesso contrastanti. Il piacere della tavola e della convivialità e il nostro stile di vita, la nostra salute e quella del pianeta. Il cibo è causa e vittima allo stesso tempo delle principali emergenze ambientali, con l’impatto dell’agricoltura industriale sui cambiamenti climatici, ad esempio, ma anche un elemento essenziale su cui agire per trovare soluzioni. […] Tornare a pensare l’uomo come parte dello scandire del tempo e della natura significa tornare ad affermare che il cibo che produce e del quale si nutre è parte integrante di questi concetti. La pandemia ci ha insegnato che occorre interpretare la realtà con una chiave di lettura nuova di cui la “lentezza” diviene parte fondamentale».
Queste sono le parole di Federico Varazi, un pioniere nell’ambito della sostenibilità e un fervente sostenitore dei principi di Slow Food. Varazi ha giocato un ruolo chiave nel portare avanti questa collaborazione, mettendo in luce il potenziale di Todi per diventare un faro di cambiamento e innovazione e ha notevolmente contribuito a plasmare l’identità culinaria e ambientale di questa incantevole cittadina.
Varazi ha infatti collaborato per lungo tempo con l’Associazione regionale attraverso il progetto “Transameria” di cui si è fatto promotore con l’obiettivo di rendere il viaggio scoperta e svelamento dei luoghi della nostra regione attraverso il cibo e la sua cultura gastronomica. Un percorso che parte dal cibo per arrivare al cibo inteso come parte migliore di ogni luogo, che consente di conoscerlo e renderlo unico con la sua territorialità, le sue stagioni, i suoi ritmi, i suoi attori naturali (i produttori locali, i vignaioli, i ristoratori). Come osserva, solo attraverso la conoscenza ed il tramandare le tradizioni potremo tutelare il valore del nostro Paese, la sua storia e la sua infinita cultura, sempre comunque in maniera “slow”.
Un aspetto cruciale della sua riflessione riguarda il ruolo del cibo come parte integrante del nostro rapporto con il tempo e la natura. Nella frenesia della vita moderna, spesso dimentichiamo che il cibo che consumiamo è il risultato di un processo naturale che segue i ritmi delle stagioni, dei cicli di crescita e dei processi biologici. Questa connessione profonda con la natura è stata gradualmente persa nel mondo industrializzato, dove la disponibilità di cibo è diventata sempre più standardizzata e dissociata dai cicli naturali. Le sue parole colgono in modo eloquente l’importanza cruciale del cibo nel contesto contemporaneo e la necessità di adottare un approccio olistico e sostenibile nei confronti della produzione alimentare e del consumo. Il cibo non è semplicemente una necessità fisiologica, ma un elemento che intreccia aspetti culturali, sociali, ambientali e persino politici. La sua produzione e il suo consumo hanno un impatto significativo sul nostro stile di vita, sulla nostra salute e sul benessere del pianeta. La centralità del cibo nella società moderna ci richiama all’importanza di considerare il nostro rapporto con esso in modo consapevole e responsabile. L’agricoltura industriale, con le sue pratiche intensive e i suoi sistemi di produzione su larga scala, ha contribuito in modo significativo alla crisi ambientale, causando deforestazione, inquinamento delle risorse idriche e perdita di biodiversità. Inoltre, l’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti ha un impatto negativo sulla salute umana e sull’ecosistema.
Tuttavia, come sottolinea Varazi, il cibo può anche essere parte della soluzione. La promozione di pratiche agricole sostenibili, come l’agricoltura biologica, l’agroecologia e la permacultura, può contribuire a ridurre l’impatto ambientale della produzione alimentare, ripristinare la salute del suolo e promuovere la biodiversità. La pandemia globale che abbiamo vissuto ha amplificato la consapevolezza dell’importanza di una catena alimentare resiliente e locale. Ha evidenziato le vulnerabilità del sistema alimentare globale e ha sottolineato la necessità di rafforzare le reti locali e ridurre la dipendenza da catene di approvvigionamento lunghe e fragili.
In questo contesto, il concetto di “lentezza” assume un significato particolare. Essa invita a rallentare il ritmo frenetico della vita moderna e a riconnettersi con i ritmi naturali del tempo e della stagionalità. La lentezza ci spinge a apprezzare il cibo nella sua interezza, ad abbracciare la diversità delle produzioni locali e a valorizzare il lavoro degli agricoltori e degli artigiani che si impegnano per preservare le tradizioni alimentari e proteggere l’ambiente. La lentezza nello slow food rappresenta un approccio filosofico che trascende il semplice atto di mangiare e coinvolge aspetti profondi della nostra esistenza. Al centro di questa filosofia c’è il concetto di consapevolezza: consapevolezza dei nostri modelli alimentari, della provenienza dei nostri cibi, dell’impatto che le nostre scelte hanno sull’ambiente e sulle comunità locali. Rallentare nel contesto del cibo significa prendersi il tempo necessario per comprendere le stagioni, i cicli naturali e l’importanza di rispettare il ritmo della natura. Significa riconoscere il valore della diversità biologica e culturale, promuovendo la salvaguardia delle tradizioni culinarie locali e la valorizzazione delle piccole produzioni agricole. Questa consapevolezza ci invita a riflettere sul nostro rapporto con il cibo e sulle dinamiche sociali ad esso associate. Ci spinge a riconsiderare il concetto di “cibo veloce” e di consumo istantaneo, evidenziando i rischi legati alla omologazione dei gusti, all’omogeneizzazione dei prodotti e alla perdita di identità delle comunità alimentari. L’adozione di pratiche alimentari più innovative ci incoraggia a mangiare in modo più consapevole, a godere appieno dei sapori e delle esperienze sensoriali legate al cibo, e a riscoprire il piacere della cucina casalinga e della convivialità intorno alla tavola. La lentezza nello slow food non è solo una questione di tempo, ma una vera e propria filosofia di vita che ci invita a rallentare, ad approfondire la nostra relazione con il cibo e con il mondo che ci circonda, e a vivere in modo più armonioso e sostenibile. Questa può essere vista come un’opportunità per riscoprire il senso di comunità e di solidarietà.
Queste considerazioni non possono far altro che invitarci a considerare il cibo non solo come un mezzo per soddisfare il nostro appetito, ma come un veicolo per promuovere la salute, la diversità culturale e la sostenibilità ambientale. La sua visione ci spinge a riflettere sulle nostre scelte quotidiane e sulle azioni collettive necessarie per creare un futuro in cui il cibo sia fonte di benessere per tutti, in armonia con un pianeta con cui ci sembra di aver perso familiarità.
La partnership tra Slow Food e la città di Todi si inserisce perfettamente in questo contesto di riflessione e azione. Questa collaborazione non è solo un simbolo di impegno verso la sostenibilità ambientale e alimentare, ma anche un modello concreto di come sia possibile tradurre ideali in azioni tangibili a livello locale.
È stata scelta la data simbolica di lunedì 16 ottobre, giornata mondiale dell’alimentazione, per la sottoscrizione del protocollo tra Slow Food Italia e il Comune di Todi, atto formale dell’avvio di un importante progetto di collaborazione che era stato annunciato a fine agosto in occasione della presenza in città, per il Todi Festival, di Carlo Petrini, il fondatore dell’associazione internazionale nata nel 1986 per promuovere un cibo buono, pulito e giusto per tutti.
Il protocollo in questione, firmato dal Sindaco Antonino Ruggiano, dal vice presidente di Slow Food Italia Federico Varazzi e dalla presidente di Slow Food Umbria Monica Petronio, individua Todi come città laboratorio di buone pratiche in tema di sostenibilità ambientale e alimentare. Una scelta legata alle dimensioni della cittadina e alla notorietà acquisita fin dai primi anni Novanta come “città più vivibile del mondo”. Grazie all’accordo stretto con Slow Food, Todi è stata designata come un “laboratorio vivente di buone pratiche”, un esempio concreto di come le comunità locali possano promuovere uno stile di vita sostenibile e un rapporto consapevole con il cibo.
Ed ecco che ritorniamo al quesito iniziale, ovvero, cosa rende Todi così speciale da essere scelta come laboratorio di buone pratiche? La risposta risiede nella sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, conservando antiche tecniche agricole e culinarie mentre abbraccia nuove soluzioni per affrontare le sfide ambientali e sociali del nostro tempo. L’impegno di Todi per la sostenibilità va oltre la tavola. La città ha adottato politiche innovative per ridurre l’impatto ambientale e promuovere uno stile di vita più eco-sostenibile. Dalle iniziative per la riduzione dei rifiuti alla promozione dell’energia rinnovabile, Todi si distingue come un esempio di come una comunità locale possa adottare soluzioni concrete per affrontare le sfide ambientali globali. Attraverso programmi educativi, eventi culinari e iniziative di sensibilizzazione, Slow Food e le autorità locali si impegnano a coinvolgere attivamente la comunità nella promozione di una cultura alimentare consapevole e rispettosa dell’ambiente.
In un’epoca in cui la sostenibilità è diventata una priorità globale, Todi si configura come una fonte di ispirazione, irradiando un brillante esempio di collaborazione e impegno per un futuro più sostenibile e culturalmente ricco. La sinergia tra Slow Food e la città di Todi culmina in un’esaltante celebrazione della cultura gastronomica locale e della sostenibilità ambientale. Attraverso iniziative congiunte e uno spirito collaborativo, il rispetto per la terra e la valorizzazione delle produzioni artigianali si fondono con la bellezza dei suoi paesaggi e la vivacità della sua comunità. Questa collaborazione non solo ravviva l’orgoglio dei tuderti per la propria eredità culinaria, ma ispira anche una consapevolezza collettiva riguardo all’importanza di preservare e promuovere le tradizioni alimentari locali. L’alleanza tra Slow Food e Todi rappresenta in via definitiva anche un modello esemplare di come la collaborazione tra comunità e organizzazioni possa trasformare un territorio, promuovendo una cultura del cibo consapevole e celebrando l’identità unica di una regione. Attraverso iniziative condivise, come i mercati dei produttori, i festival gastronomici e le iniziative educative, questa partnership continua a ispirare un rinnovato apprezzamento per il patrimonio enogastronomico umbro e per la bellezza della lentezza nell’era moderna.
Flaminia Roosje Stegwee
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