La nuova giovinezza di Lady Oscar, icona femminista ante litteram

“Le donne sono servite in tutti questi secoli come specchi che possiedono il potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo al doppio della sua dimensione naturale”. Così esordisce durante un’intervista Riyoko Ikeda, pioniera del rinnovamento del manga shoujo e soprano giapponese, spiegando le dinamiche e le motivazioni che hanno caratterizzato la creazione di uno dei suoi personaggi più iconici, Lady Oscar. Il corpo androgino, sinuoso, di donna bellissima dalle lunghe chiome bionde, all’apparenza fragile, ma in realtà agile e potente, Oscar François de Jarjayes compie quarantacinque anni e nel 2025 vivrà una nuova primavera protagonista di The Rose of Versailles, film attesissimo che sarà proiettato in anteprima nelle sale giapponesi.  Nata dall’omonimo romanzo, la storia divenne una serie animata nel 1979 trasmessa in Giappone e poi in Occidente, che inizialmente la censurò. La sigla che accompagnava la sua trasmissione, colonna sonora dell’infanzia delle nostre mamme, declina le avventure di una giovane donna nata nella famiglia nobile di un generale al servizio di Luigi XV re di Francia che, dopo aver avuto “solo” figlie femmine e necessitando di un erede maschio, all’ennesima delusione decide che l’ultima nata sarà allevata come un uomo, prendendo un giorno il suo posto. Le affianca un intendente, André, innamorato di lei per tutta la sua esistenza, sempre pronto a ricordarle che “una rosa sarà sempre una rosa, non sarà mai un lillà” e cresce tirando di spada e sventando intrighi in qualità di comandante delle guardie reali. Quella che per noi occidentali rappresentò ai tempi un’eroina che ci guidava attraverso le grandi figure femminili della Rivoluzione francese, come la regina Maria Antonietta, l’intrigante Jeanne de Saint-Rémy de Valois, coinvolta nello scandalo della collana o Jeanne Du Barry, la favorita di Luigi XV, per le donne giapponesi ha rappresentato molto di più. Riprendendo la citazione iniziale riferita a Virginia Woolf, potremmo azzardare che Riyoko Ikeda abbia voluto ispirarsi all’Orlando della celebre scrittrice inglese, per tratteggiare un personaggio inedito, non stereotipato, del quale apprezziamo la bellezza e la passione, ma di cui conosciamo i tormenti, i dubbi, su se stessa e sul microcosmo aristocratico ed egoista in cui vive, che affama il popolo francese e accentua le disuguaglianze sociali e che finirà per mettere in discussione,  schierandosi con i rivoluzionari e morendo gloriosamente mentre tenta di espugnare la Bastiglia.  Fin dal 1972, quando fu pubblicato il manga in quattordici volumi, Oscar ha rappresentato per le donne giapponesi, spesso chiamate a rispondere ai canoni imposti loro da una società austera, il simbolo di tutti coloro che non aderiscono alle sopracitate regole e che cercano di resistere alle violenze psicologiche perpetrate da un mondo standardizzato che vede la donna come “l’angelo del focolare”.  L’autrice stessa, femminista militante nei movimenti di sinistra degli anni Sessanta, laureata in filosofia, racconta attraverso il suo personaggio, in una sorta di catarsi, le sue difficoltà di donna affamata di indipendenza e di libertà di esprimersi. Un personaggio quindi che ci fa “camminare nella storia”, proiettandoci sul set di una rivoluzione che dette un nuovo volto all’Europa e al mondo, ma che al contempo si pone al servizio della ricerca del senso di identità e della consapevolezza della differenza tra il proprio sentire e di come ci percepiscono gli altri, insegnandoci a non dequalificare noi stessi.

 Maria Elisa Stagnari

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