Alle origini delle Olimpiadi: un forte spirito competitivo per un po’ di ulivo

Ogni quattro anni, grandi e piccini di tutto il globo si incollano a televisori, smartphone e computer per seguire la competizione sportiva più celebre al mondo: le Olimpiadi. Ma se oggi possiamo ammirare i nostri idoli, non dobbiamo far altro che ringraziare gli antichi GRECI; furono loro a istituire i “Giochi panellenici”, giochi di tutta la Grecia, sfide sportive aperte agli abitanti dell’Ellade. Scordiamoci tuttavia podi eleganti, medaglie, divise scintillanti e tecnologie all’avanguardia! L’antica competizione olimpica era molto più sobria…

Era il lontano 776 a.C. quando nell’omonima città di Olimpia, situata nella regione dell’Elide, nel Peloponneso, si tennero i primi Giochi, in occasione della prima luna piena dopo il solstizio d’estate. La manifestazione aveva funzione non solo sportiva ma anche sacra e culturale: si svolgevano celebrazioni religiose che onoravano Zeus e aspiravano a ottenerne il favore. Venivano sacrificati animali e, dunque, cibo, sport e religione davano forma alla giornata ideale… C’è da dire che gli antichi Greci sapevano come far festa! Inoltre i giochi rappresentavano l’occasione perfetta per un’armoniosa convivenza tra poleis: durante le Olimpiadi i conflitti fra città- stato venivano sospesi con la “Tregua Sacra Olimpica” o “ekecheira” che permetteva ai partecipanti di viaggiare in sicurezza verso Olimpia. L’evento metteva in luce anche importanti valori culturali e sociali quali la competizione leale e il rispetto reciproco; venivano esaltate le virtù dell’eroismo, della determinazione e dell’unità. In aggiunta, la competizione svolgeva funzione di calendario: i Greci avevano come datazione gli anni intercorrenti tra un’Olimpiade e la successiva. Le gare che seguiamo oggi sono ben diverse da quelle antiche: inizialmente il programma comprendeva esclusivamente la corsa sulla distanza dello stadion (192,98 metri), poi vennero aggiunte altre discipline come il pugilato e la lotta o il pentathlon, che comprendeva la corsa, il salto in lungo, il lancio del disco e del giavellotto e la lotta greca. Quest’ultima era molto violenta: solo dopo che uno dei due sfidanti metteva ko l’avversario per tre volte si decretava la fine dello scontro. Nel 648 a.C. venne introdotto il pancrazio, una disciplina che univa lotta e pugilato, dove quasi tutto era permesso per dar vita a uno spettacolo tra forza, tecnica e abilità. Non si parlava certo di “fair play” come oggi! Nello stesso anno venne introdotta la corsa con i cavalli che incrementò il numero degli spettatori alle Olimpiadi. 

I “tifosi” erano per lo più uomini liberi di classi sociali differenti, dai ricchi aristocratici ai cittadini comuni, ma non erano incluse le donne, poiché gli atleti si presentavano sul campo completamente nudi in onore di Zeus. Gli atleti, invece, erano uomini appartenenti a un ceto sociale elevato, in grado di disporre di tempo e risorse per dedicarsi all’allenamento. Coloro che vincevano le gare non venivano premiati con medaglie d’oro, ricevevano una semplice corona d’ulivo e, se si era fortunati, una statua nel proprio paese. Se pensiamo che gli atleti di oggi siano competitivi, proviamo a immaginare quelli di allora, pronti a tutto per la gloria e un ramoscello di ulivo! Il vincitore del primo evento di corsa dello stadion fu Corebo di Elide e da allora si stilò un elenco con il nome dei trionfatori, gli Olympionikoi. Sfortunatamente la lista degli Olympionikoi non arriva ai giorni nostri poiché l’imperatore romano Teodosio I, sostenitore del cristianesimo, interruppe nel 393 d.C. i Giochi perché considerati un rito pagano. 

Le Olimpiadi moderne vennero istituite nella seconda metà dell’Ottocento da Pierre de Coubertin, che fondò il Comitato olimpico Internazionale (Cio) e riprese le note competizioni con cadenza quadriennale. Grazie a De Coubertin si realizzò anche la bandiera olimpica con i cinque cerchi. Le Olimpiadi, dopo secoli di evoluzione, sono tornate: con meno nudità e un’organizzazione molto più strutturata. Tuttavia, l’eredità di quegli atleti che gareggiavano in onore degli dei, rimane. Quindi, mentre ci prepariamo per i prossimi Giochi, ricordiamoci che ogni medaglia porta con sé un pizzico di quella antica follia!

Virginia Orvietani

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