“Sento di aver dato alla città una nuova energia, sento di aver trasmesso coraggio e vitalità. Molte delle mie opere monumentali vanno verso il cielo, cercano un legame con il paesaggio. Mi piacerebbe che accompagnino chi le guarda verso questa sensibilità, la percezione dello spazio che penetra l’osservatore attraverso la materia, la natura e la storia.”
Secondo Beverly Pepper si deve essere dotati di una particolare sensibilità per capire appieno l’arte contemporanea. Perché l’arte contemporanea è un’esperienza totalizzante, frutto dell’interazione con lo spazio, il paesaggio naturale e storico, e le persone. Quando nel 1979 Beverly Pepper espose in Piazza del Popolo le Todi Columns, quattro monumentali sculture in ferro, l’evento suscitò molto scalpore tra i tuderti. Non eravamo ancora pronti all’arte contemporanea, ma l’arrivo di Beverly Pepper a Todi negli anni ‘70 aprì la porta a questa nuova esperienza artistica, facendo nascere una speciale vocazione per l’arte contemporanea.
Todi divenne la casa di molti altri artisti contemporanei di fama mondiale che, come Beverly Pepper, scelsero la nostra città per vivere e lavorare. Tra questi Piero Dorazio, Alighiero Boetti, Nicolas Carone e l’irlandese Brian O’Doherty, proprietario della Casa Dipinta. E oggi Todi è diventata un punto di riferimento per tutti gli amanti del contemporaneo, grazie a un intenso legame instauratosi tra gli artisti e la città. Un legame che spinse Beverly Pepper a omaggiare il luogo dove trovò la sua dimensione artistica con venti sculture della sua collezione privata. Dal 2019 costellano il Parco di Beverly Pepper, un percorso urbano-naturalistico che collega il Tempio della Consolazione alla Chiesa di San Fortunato, lungo il quale i tuderti possono vivere un’esperienza di crescita. Ad attrarre sempre più turisti dal 2021 si sono aggiunti anche i Giardini Oberdan con i cinque Scettri di Arnaldo Pomodoro, insieme alle numerose esposizioni temporanee succedutesi a Todi nel corso degli anni. L’ultima, Interior Portraits, ancora questo mese di ottobre, ha portato in città i tre blocchi monolitici realizzati da Mark Mennin. Rimarrà invece a Todi, presso il Parco del Ponte Bailey, con un contratto di comodato d’uso, Neruda’s gate la colossale opera di Mark di Suvero che dal 24 agosto è momentaneamente esposta in Piazza del Popolo.
Forte di tutto questo, Todi ha tentato l’impresa: candidarsi a Capitale italiana dell’arte contemporanea 2026. Il bando, promosso dal Ministero della Cultura il 15 aprile del 2024, ha l’obiettivo di sostenere la promozione e la valorizzazione dell’arte contemporanea attraverso il finanziamento di un milione di euro alla città vincitrice. La partecipazione al bando era aperta a tutti i comuni italiani, bastava presentare la candidatura con allegato un dossier progettuale che sarebbe poi stato valutato da una giuria di cinque esperti. Dei 23 comuni candidati, solo cinque quelli arrivati alla fase finale: Carrara, Gallarate, Gibellina, Pescara e Todi con il suo dossier “Ponte Contemporaneo”. Todi ha sfiorato il titolo che, il 31 ottobre è stato invece assegnato a Gibellina, celebre per il Cretto di Burri. Non ne usciamo però sconfitti ma traiamo da questa candidatura un forte stimolo a mantenere e rafforzare il legame con l’arte contemporanea. Abbiamo intervistato a tal proposito Elisa Veschini, presidente della Fondazione Beverly Pepper, in quanto coordinatrice tecnica del dossier.
Perché la scelta di “Ponte Contemporaneo” quale titolo del dossier?
Per molte ragioni. Innanzitutto Todi ha sempre connesso, attraverso l’arte contemporanea, mondi e realtà internazionali con questo territorio. Connessione resa possibile dalla grande eredità lasciata dai molti artisti che scelsero la nostra terra per lavorare in quanto ricca di fonti d’ispirazione. L’idea di ponte è legata ai principali progetti del dossier, mirati a creare una connessione della città con quelle realtà del territorio che sono ancora sconnesse. L’idea fisica è nata dal Ponte Bailey, connessione tra il polo di Ponterio e importanti sentieri naturalistici. Insomma il ponte è sia un elemento identitario sia al tempo stesso simbolo di connessioni future.
Potrebbe illustrare gli interventi e i progetti fondamentali che sono promossi dal dossier?
Il dossier prevede quattro sezioni principali, che abbiamo sviluppato secondo le direttive fornite dal Ministero ma sempre tenendo in considerazione la nostra identità e i bisogni del territorio. La prima sezione, la più importante, è quella che riguarda la riqualificazione degli spazi urbani. Riqualificazione sia di spazi attualmente in disuso, come l’ex libreria Foglietti sotto i Voltoni, sia di progetti che non sono mai stati terminati per mancanza di fondi: uno di questi è la riqualificazione dell’area dell’ex distributore di Ponterio (ex Baciocchi). Questo è uno dei luoghi al centro del dossier, infatti Ponterio potrebbe diventare un possibile nuovo spazio per i giovani. Il progetto avrebbe previsto quindi una riqualificazione attraverso l’opera di vari artisti individuati da Marco Tonelli, il direttore artistico del dossier. La seconda sezione è completamente dedicata alle nuove generazioni di creativi, che sono al centro della nostra attenzione poiché riteniamo necessario frenare l’esodo dei giovani da Todi. La sezione è quindi dedicata alla formazione dei ragazzi attraverso collaborazioni con istituzioni museali e con accademie di belle arti, oltre ai progetti per nuovi spazi, come appunto la riqualificazione dell’ex Baciocchi a Ponterio. Fa parte di questa sezione anche il progetto “Rete Territoriale delle Arti” con cui vogliamo collegare sette comuni dell’area interna del Comune di Todi, attualmente carenti di proposte e attività culturali. Attraverso le mostre di giovani artisti e giovani curatori abbiamo quindi pensato di collegare tra loro queste città, facendole anche interagire con realtà nazionali e internazionali di arte contemporanea presenti in Umbria. Un’altra sezione è invece dedicata all’inclusione sociale nell’arte. Il progetto più significativo è quindi la realizzazione di un’app che avrebbe offerto ai turisti una visita guidata di tutti i siti culturali di Todi, con contenuti accessibili anche ai non vedenti e alle persone con disabilità cognitive. Un altro punto importante di questa sezione prevede anche la collaborazione con l’Istituto Francisci, promuovendo corsi di arteterapia per persone che soffrono di disturbi alimentari. Infine l’ultima sezione è legata alla formazione. Una formazione che riguarda innanzitutto le tematiche del progetto e che avrebbe favorito la collaborazione tra enti pubblici e privati nella gestione culturale attraverso incontri trimestrali e tavole rotonde. Una formazione che è dedicata anche alla scuola e ai modelli educativi. Infatti organizzando progetti con le scuole ci rendiamo conto che a volte i docenti hanno difficoltà a trattare l’arte contemporanea perché spesso non è presente nei programmi ministeriali.
Nonostante l’esito della selezione, quali sono gli aspetti positivi che Todi ha tratto da questa esperienza di candidatura?
Nonostante non ci sia stato conferito il titolo già posso dire che il progetto non si ferma qui. Todi è una realtà forte sul contemporaneo e l’attuale Amministrazione vuole continuare a investire sul contemporaneo. Sicuramente, senza il finanziamento di un milione di euro, l’Amministrazione dovrà impiegare più tempo a trovare dei fondi e soprattutto senza il titolo sarà più difficile trovare degli investitori per il 2026. Ma ci sono dei siti sui quali l’Amministrazione vuole puntare, quindi troverà altre strade, anche perché ci sono diversi bandi.
Grazie alla candidatura, forse per la prima volta, è stato possibile mettere insieme in maniera concreta un gruppo di lavoro per discutere sui bisogni del territorio. Ad esempio l’attenzione che nel dossier abbiamo rivolto alle nuove generazioni ci ha aperto delle porte su nuove idee e progettazioni e stiamo già pensando a nuovi incontri incentrati sui giovani. Da questa candidatura abbiamo capito che c’è ancora tanto da fare e che questo è solamente un punto di partenza perché si sono aperti orizzonti che prima non erano stati scoperti o sperimentati.
Quali sono le prospettive per l’arte contemporanea a Todi? Continueranno a essere promosse iniziative che coinvolgano sia la comunità locale che i visitatori?
Sicuramente da parte nostra continueremo con il Festival delle Arti, invitando a Todi artisti che possono dialogare con il nostro contesto. Recentemente, per esempio, l’opera di Mark di Suvero che era nella centrale Piazza è stata portata nel Parco Bailey. L’opera segnerà la promozione di nuove iniziative nella zona di Ponterio in quanto crediamo che questa periferia debba essere più connessa al centro storico. Per quanto riguarda l’arte come strumento di inclusione sociale sicuramente nella nostra progettazione ci sono anche interventi artistici legati a stimolare un incontro del pubblico con l’arte contemporanea, incontro che a volte è un po’ ghiacciato dall’inibizione. Invece l’arte contemporanea è un’arte che esce dal museo, dall’istituzione classica per incontrare le persone e stimola a non essere un semplice spettatore passivo ma un personaggio attivo. Proprio sabato 21 dicembre, in occasione del compleanno di Beverly Pepper, alle ore 17 nella sala della Fondazione in via Valle Inferiore, inaugura Spazio Talk: un nuovo format di eventi, completamente gratuito e accessibile a tutti, pensato per la comunità. Il nostro obiettivo è favorire lo scambio e il confronto su tematiche contemporanee, promuovendo valori fondamentali come la partecipazione e l’inclusività. Ispirati dalla visione della fondatrice Beverly Pepper, abbiamo sentito il desiderio di coltivare questi valori affinché i luoghi dell’arte possano diventare anche spazi trasformativi, in grado di stimolare il dialogo e costruire nuove prospettive condivise. Per l’occasione abbiamo invitato un gruppo di donne straordinarie, pronte a condividere le proprie storie e a confrontarsi con il pubblico sulle sfide che le donne affrontano oggi nel campo professionale. Gli eventi, che avranno una cadenza mensile, includeranno non solo interventi mirati al tema trattato, ma anche momenti di dialogo aperto con il pubblico. L’aspetto più innovativo di questa iniziativa è la partecipazione attiva della comunità, che potrà proporre direttamente i temi dei futuri Talk attraverso le nostre pagine social, favorendo così uno scambio autentico capace di riflettere interessi ed esigenze comuni e coinvolgendo il pubblico sin dalle prime fasi del processo. Spazio Talk per noi è un invito a partecipare e a condividere idee e nuove visioni, dimostrando che l’arte può essere anche un potente strumento per la costruzione di una società più inclusiva e consapevole.
Come è stata l’esperienza di conoscere e lavorare con un’artista così rivoluzionaria come Beverly Pepper che, con la sua energia e il suo lavoro intensamente fisico, è stata in grado di superare certi clichè sull’arte delle donne?
Lavorare con lei ha cambiato la mia vita, non perché Beverly Pepper lo desiderasse, dato che era profondamente dedita al suo lavoro, ma perché la sua energia, così emancipante e contagiosa, aveva il potere di trasformare chiunque le stesse vicino. Lavorare al fianco di Beverly Pepper mi ha fatto capire come niente sia impossibile se continuiamo a seguire noi stessi senza svendere le nostre idee. Per me è stato davvero trasformativo vederla all’età di 92 anni, quando ho iniziato a lavorare con lei, lavorare ai suoi progetti con la stessa tenacia di quando la vedevo nelle foto e aveva 40 anni: non si è persa nemmeno un sopralluogo quando stavamo lavorando ad uno dei suoi ultimi progetti, l’Amphisculture a L’Aquila. Ma niente fermava Beverly Pepper perché per lei la cosa più importante era seguire la sua opera, in modo molto minuzioso. Credo inoltre, e insieme a me molti altri, che Beverly Pepper possa essere considerata un modello di empowerment femminile perché a partire dagli anni ‘50 prese in mano degli strumenti che erano negati alle donne e iniziò a lavorare nelle fabbriche dove tutto era vocato al maschile, dagli odori agli strumenti e, unica donna, si trovò a dirigere tutti gli operai per realizzare le sue opere monumentali. Beverly infatti non si definiva un’artista donna, ma semplicemente un’artista, con il diritto di realizzare quello che voleva. Il motto di Beverly Pepper era che nulla è impossibile, anche se non mancarono grandi sfide neppure per lei. La sua carriera infatti fu penalizzata proprio per il fatto di essere donna; ancora oggi si tendono a considerare artisti a lei contemporanei come gli iniziatori dell’utilizzo dell’acciaio corten nella land art mentre Beverly ha rivendicato più volte l’intuizione. Per questo l’esempio di Beverly Pepper ci spinge a essere perseveranti e a credere in noi stessi perché, comunque vada, sapremo di aver fatto di tutto per portare avanti ciò in cui crediamo.
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