Il Liceo “Jacopone da Todi”, in collaborazione con la rivista scolastica Sottob@nco, invita a un incontro dal titolo “Dialogo sul Mito, Scambio poetico-filosofico attraverso il gioco delle passioni d’amore” in occasione della pubblicazione del volume poetico scritto da Roberta Pelachin, “Passioni inquiete o dell’Amore” (Editrice La vita felice, Milano).
Saranno presenti la poetessa Roberta Pelachin e Giulio Giorello, filosofo.
La redazione di Sottob@nco vi aspetta venerdì 02 dicembre, alle ore 11:00, presso la Sala del Consiglio del Comune di Todi.
L’Estate è il riflesso di fuoco di Cleopatra: “Incede del Nilo la Regina, sempre altrove”. “Ombre nel vespro salmastre” animano l’Autunno. “Chiaroscura la notte, uomo di paglia” è l’Inverno. A Primavera “adombran stelle al limitar dell’uscio”. Quattro stagioni della vita. Quattro momenti scanditi da “Passioni inquiete o dell’Amore”. E’ il titolo del poema, diviso in quattro parti, scritto da Roberta Pelachin. In esso si compie il trionfo del Sacro, inteso come mito, sceso sulla terra per compiacere gli uomini anzi, per infondere e diffondere l’idea di immortalità cara agli Dei. Da qui la narrazione mitologica, la descrizione dell’essere divino: figure dal carattere ben definito, che come per Ulisse, amano disporre della vita dell’uomo, operare in favore o a suo sfavore, seguendo un disegno indecifrabile agli umani. E’ un mito, come scrive Giulio Giorello nella prefazione, che “perde la tradizionale connotazione di favola e recupera l’accezione originaria di parola come altra faccia di logos, a un tempo discorso e pensiero”. Iside, Osiride, Medusa, Poseidone, Atena, lo stesso Zeus si traducono in forze operanti nella storia. L’amore, “Dio di tempesta, di follia”, e le passioni, lo “spessore vivo dell’esistenza”, sono la proiezione terrena e speculare dell’Olimpo: il mito che si incarna e semina tra gli uomini l’idea dell’immortale. “Amo, dunque sono”, scrive l’autrice citando Pound. E nell’affermazione dell’essere c’è la forza dell’amore “che muove il sole e le altre stelle, / e della forza sua una favilla / raggia nel mio sguardo, / e irrida l’universo tutto.”. Anche l’uomo, così come Cleopatra, è “sempre altrove”: sempre “in cerca di stelle”; sempre artefice della propria storia; sempre alla ricerca – ancestrale – del mito per appagare la sete di immortalità. Anche i miti di oggi, nell’Olimpo massmediologo e social della modernità, non sfuggono a questo desiderio inappagato e vano: il tentativo di sfuggire alla morte, con un grido di libertà.
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