Una bambina è seduta su una sedia tra il pubblico, pronta con il telefono in mano, non vuole perdere neanche un secondo dello spettacolo che sta per iniziare. Con gli occhi pieni di gioia segue costantemente una ragazza in particolare, vederla lì la rende veramente fiera di lei.
Questa è l’atmosfera del pubblico di ieri sera all’Arena di Palazzo Francisci, centro per i disturbi del comportamento alimentare. Lo spettacolo prende spunto da Alice nel Paese delle Meraviglie per parlare poi della malattia e soprattutto per cercare di far comprendere il dolore e la sofferenza di chi ne è affetto. Tutto nasce dai laboratori teatrali e di danzamovimentoterapia, ma molto in realtà è frutto di improvvisazione.
Alice cadendo in un tunnel si chiede se ci sarà una fine. Si ritrova in un mondo sotterraneo, fatto di assurdità e stranezze, che hanno poco a che fare con quella che è la realtà. Il tutto si giostra nella metafora del disturbo alimentare come tunnel dal quale è difficile risalire, dove i corpi sono terrore e oggetto del desiderio e dunque in continua trasformazione in un percorso di accettazione e guarigione che permetta di attraversare quelle “porte invalicabili” e accedere dove desidera entrare.
La chiave Alice ce l’ha davanti, ma è il suo corpo a non permetterle il passaggio.
Alla domanda del Brucaliffo “chi sei?” Alice risponde “so chi ero stamattina quando mi sono alzata, ma da allora credo di essere cambiata più di una volta”, “non lo so” e cambiano continuamente le sue interpreti, come cambiano i corpi malati, in attesa di un abbraccio.
Le voci raccontano di “un dolore che oscilla a ritmo di un’altalena, di un tiro alla fune, della camminata su un tappeto fatto di nulla al sicuro da ogni calamità, dell’impossibilità di fare male a qualcosa che non esiste, una paura così vera, così reale, che però non appartiene a questo mondo”.
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