Il 25 novembre 2024 si è tenuto un dibattito promosso dall’associazione Franca Viola, scaturito dalla domanda “Patriarcato: giusto o sbagliato?”.
Prima di analizzare come si è svolto, è giusto specificare determinati aspetti che ne costituiscono l’importanza. Innanzitutto, perché si è scelto proprio questo giorno?
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999, in memoria delle sorelle Mirabal, tre attiviste dominicane uccise per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Il concetto di “patriarcato” è strettamente collegato al fenomeno della violenza sulle donne perché molto spesso, purtroppo, le brutalità esercitate sulle donne derivano da questa mentalità, a causa della quale accade che determinate azioni vengano quasi giustificate.
Patriarcato, “la legge del padre”, dal greco patrià, “stirpe, discendenza” (da patēr, “padre”) e àrkho, “comando”, attualmente fa riferimento al sistema sociale per cui il potere è affidato a uomini adulti. Un sistema però sbagliato e ingiusto che impedisce la parità tra sessi e una vera e propria emancipazione femminile, poiché le donne sono profondamente associate e giudicate da stereotipi e discriminazioni. La stessa lotta contro il patriarcato è ormai abbastanza matura nella mentalità sia di donne che di uomini, ma ha un trascorso molto travagliato; per esempio, una delle figure fondamentali in questa battaglia è stata proprio Franca Viola – dalla quale l’associazione prende il nome.
Nel 1966, dopo essere stata rapita e stuprata dal suo ex ragazzo mafioso e qualche complice, Franca decise di denunciare l’accaduto. All’epoca lo stupro era considerato un reato “contro la morale”: ciò permetteva al colpevole di espiare le proprio colpe tramite il matrimonio riparatore, contratto tra l’accusato e la vittima. La ragazza si oppose a tutto ciò e fu la prima donna italiana a farlo pubblicamente. «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce» disse.
Venendo quindi al dibattito, la frase di partenza era “in una cultura contemporanea, la mentalità patriarcale all’interno di una famiglia in una società civile è più dannosa che utile”.
La squadra dei pro, che affermava quanto scritto sopra, ha evidenziato come il patriarcato sia un valore sociale negativo per i seguenti motivi:
- Favorisce la violenza di genere, in quanto è portatore di concetti e stereotipi sbagliati e non sani, che costituiscono un ambiente familiare estremamente inadeguato, in base al quale si ritiene che l’uomo abbia quasi un “diritto di proprietà” sulla donna;
- Implica una disuguaglianza di genere in diversi settori, come nel lavoro, per cui le donne hanno un salario minore del 28% rispetto agli uomini a pari merito; nell’istruzione, in cui determinate facoltà sono ancora considerate “da uomini”, come ad esempio ingegneria e informatica, nelle quali le iscritte sono rispettivamente il 35% e il 38% ; nella politica, in cui sicuramente la presenza maggiore di donne (a livello mondiale, attualmente solo il 10% dei capi di Stato è donna) favorirebbe un governo più inclusivo e rappresentativo;
- Impedisce una totale liberazione della donna dallo stereotipo-prigione per cui l’uomo è forte e la donna è debole: la nostra stessa Costituzione (art. 29 e 51) garantisce alle donne pari provvedimenti ed opportunità degli uomini. Il patriarcato, che si diffonde di generazione in generazione, blocca così l’emancipazione della donna.
La squadra di coloro che, invece, si schieravano contro gli aspetti nocivi del patriarcato ha mostrato come esso sia più utile che dannoso per le date ragioni:
- La figura dell’uomo, superiore rispetto alla donna, conferisce stabilità alla dimensione familiare, delineando i ruoli sociali di quest’ultima, ed è fondamentale per un equilibrio economico (le donne incinte devono lasciare il lavoro e non possono quindi provvedere al sostentamento della famiglia);
- Essendo ormai profondamente radicato nelle tradizioni, il patriarcato fornisce un senso di identità e continuità sociale e collettiva, essendo un pilastro di unione e un costituente dell’identità sia culturale che nazionale;
- Non è la vera causa del disagio giovanile poiché non promuove modelli tossici, bensì è portatore di sicurezza e stabilità, sia sociale che economica;
Entrambe le squadre hanno messo in evidenza punti importanti, veritieri ed interessanti. Ma siamo così sicuri che serva una mentalità, ormai antica come quella patriarcale che implica la superiorità di un genere sull’altro, a dare effettivamente una stabilità familiare e quindi sociale? Una superiorità fisica, attestata scientificamente, davvero implica una superiorità mentale? Una tale mentalità, per la quale per definizione il potere è affidato ad unico genere poiché l’altro è considerato incompetente, davvero non promuove modelli ed ideologie tossiche? Sicuramente, ed è evidente, che il patriarcato sia profondamente radicato nella nostra cultura, ma è un elemento necessario per conferire un’identità nazionale? Il patriarcato appartiene ad un’epoca passata ed è quindi portatore di stereotipi e di idealità superate, non più associabili a quest’epoca: sempre più donne riescono pian piano a ribellarsi, a far sentire la loro voce, e questo è fondamentale e, anzi, necessario per far sì che si riesca effettivamente a raggiungere un minimo di parità di genere; finché il patriarcato continuerà ad essere insidiato nella mentalità sia di uomini che anche di donne, non si potrà mai raggiungere un’effettiva uguaglianza tra i generi e le donne non saranno mai considerate e trattate come gli uomini.
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